Prima campagna elettorale senza sostegno pubblico. Il Mef rende noti i dati sul 2×1000
Nel 2017 (redditi 2016), secondo i dati appena pubblicati dal Ministero dell’Economia, si conferma in pole position il Partito Democratico che arriva a sfiorare gli 8 milioni di euro (rispetto ai 6.401.481 del 2016). Cresce anche il bottino della Lega che arriva vicinissima ai 2 milioni di euro (contro il 1.411.007 del 2016). Perde invece terreno Sel, superata da Forza Italia che, stante l’impossibilità, ex lege, per il Cavaliere di sostenere il suo partito, ha dovuto rimboccarsi le maniche per recuperare risorse altrove (850.392 euro contro i 615.761 del 2016).
Tutto questo accade all’interno di una crescita generale delle risorse provenienti dal 2×1000. Mentre infatti i dati dell’anno scorso (riferiti alle dichiarazioni dell’anno 2015) davano un totale di circa 11 milioni di euro, oggi (dati relativi al 2016) si è arrivati a oltre 15 milioni di euro. Dunque il sistema si sta riorganizzando ed adattando ai cambiamenti. La strada e ancora lunga ed in salita, ma come spesso accade, una volta introdotte le nuove regole tutti tendono ad adeguarsi. Certo prima tutto era più semplice, ma si sa che le società più mature tendono ad essere più complesse.
Ma facciamo un passo indietro. La normativa prevede che “a decorrere dall’anno 2014, i partiti politici iscritti nel registro di cui all’articolo 4 (ad esclusione dei partiti che non hanno piu’ una rappresentanza in Parlamento) possono essere ammessi, a richiesta, al finanziamento privato in regime fiscale agevolato nonché alla ripartizione annuale delle risorse di cui all’articolo 12, qualora abbiano conseguito nell’ultima consultazione elettorale almeno un candidato eletto sotto il proprio simbolo alle elezioni”.
Tradotto dal “burocratese”, questo stralcio del decreto – legge n. 149 del 2013 vuol dire che dal 2014 è abolito ogni finanziamento pubblico diretto ai partiti politici e che dallo stesso anno i medesimi partiti possono “recuperare” risorse economiche tramite erogazioni liberali in denaro di persone fisiche o giuridiche, nel limite massimo di 100.000 euro anno, oppure accedendo alle risorse economiche del cosiddetto 2 per mille dell’Irpef.
La procedura per avere accesso a queste “nuove forme” di sostegno economico è piuttosto complessa e richiede anzitutto di provvedere ad iscrivere il partito interessato ad ottenere le risorse al “Registro nazionale dei partiti politici riconosciuti ai sensi del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13” gestito da una Commissione di membri provenienti dalla Corte dei Conti, dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Cassazione.
Nonostante la complessità, tutti (o quasi) hanno provveduto ad iscriversi, anche utilizzando qualche espediente all’”Italia maniera”. Già perché per comparire nel registro occorre avere una “rappresentanza in Parlamento”, cioè almeno un deputato o un senatore. E come si fa? Semplice, basta che un “qualunque” parlamentare, con uno slancio di altruismo, decida di abbandonare il partito con cui è stato eletto e di andare nel “gruppo misto”, dichiarando di rappresentare una “singola componente interna al gruppo” che guarda caso avrà lo stesso nome del movimento o partito che intende accedere alle risorse. In questo modo quel movimento o partito avrà un suo rappresentante e così si apriranno le porte dei finanziamenti previsti dal decreto 149 del 2013.
Questo spiega perché oltre ai classici partiti, nell’elenco degli iscritti al registro compaiano anche altre realtà sconosciute ai più.
Tra i non iscritti invece il Movimento Cinque Stelle che ha preferito altri sistemi di sostegno come ha detto l’altra sera da Bruno Vespa il “capo politico” Luigi di Maio precisando di aver avviato una campagna di fundraising con la quale ha raccolto già 300.000 euro.