Carnevale Maffè (SDA Bocconi) spiega a LabParlamento i pro e contro della nuova direttiva. Tra gli obiettivi l’aumento della qualità media della consulenza
di Valentina Magri
“La Mifid 2 non è né proibizionismo, né protezionismo regolatorio. È un tentativo coraggioso di migliorare l’adeguatezza della domanda e un incentivo a migliorare l’offerta di prodotti finanziari”. Lo sostiene Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategy and Entrepreneurship alla SDA Bocconi School of Management e co-conduttore del programma “I conti della belva” su Radio 24.
Mifid 2 ha l’obiettivo di tutelare maggiormente i risparmiatori. È raggiungibile in un Paese bancocentrico come l’Italia?
“È un obiettivo raggiungibile e doveroso, soprattutto per un Paese che ha sempre affidato l’investimento basandosi sulla fiducia nel singolo, senza verificare né la natura del prodotto, né il profilo di rischio del risparmiatore. Ciò che gli italiani chiamano fiducia cela ingenuità e carenza di preparazione. Mifid 2 non rappresenta uno strumento di protezione dei risparmiatori, bensì un tentativo, ancora incompleto, ma importantissimo, di alzare il punto di equilibrio tra domanda offerta: a una domanda più preparata dei risparmiatori, dovrà corrispondere un’offerta più trasparente, per accedere a strumenti finanziari con rendimento nella media; in caso contrario, si dovranno scegliere investimenti con rendimento sotto la media. Tuttavia, Mifid 2 è stata scritta quando c’erano tanti esseri umani: ora aspetto la robo-Mifid o Mifid 3, che dovrà regolamentare il mercato della gestione e distribuzione di capitale affidati agli algoritmi, che saranno protagonisti nei prossimi 5 anni. La Mifid 2 è insufficiente a regolamentarli”.
Quali sono le principali novità introdotte dalla Mifid 2?
“Lato offerta, introduce il principio del product targeting e product governance. È lo stesso principio del “bugiardino farmaceutico”: la filiera della gestione dei patrimoni è stata resa affine alla gestione della salute. Le case prodotto (sicav, sgr ecc) devono specificare il target produttivo come le case farmaceutiche; l’intermediario (banca e distributore), come un ospedale, deve fare la diagnostica per verificare l’adeguatezza del paziente alla medicina prescritta dal medico, ossia il consulente finanziario o private banker, che a sua volta “prescrive la ricetta”(un certo prodotto finanziario) combinando le righe del prodotto specificato dalla Mifid 2 alle colonne del segmento di cliente profilato”.
Le banche e le società di gestione del risparmio le sembrano pronte per la Mifid 2?
“Si contano sulle dita di una mano quelle che si sono mosse in tempo. Non intendo pronte dal punto di vista formale, ma intendo consapevoli del cambiamento dell’assetto di mercato. Non lo sono Poste Italiane, sebbene siano il maggior distributore italiano di prodotti finanziari, né lo sono le banche piccole o alle prese con fusioni. In termini di tecnologia e relativi processi, solo due grandi banche italiane e i loro accoliti e una grande banca estera sono pronte”.
La Mifid 2 cambierà il modo di fare consulenza finanziaria in Italia?
“Non mi aspetto un’esplosione della consulenza indipendente ma aumento della qualità media della consulenza, che ad oggi è inadeguata, perché molti impiegati delle banche in teoria facevano consulenza, di fatto vendevano solamente i prodotti delle banche: è per questo motivo che gli italiani hanno comprato 600 miliardi di obbligazioni bancarie illiquide. La vera consulenza indipendente passerà dalla tecnologia: il robo-advisor sarà complementare alle scelte umane, come oggi la scelta di un ristorante è aiutata dalle app e da una maggiore consapevolezza. Mi aspetto che ci sarà mondo a strati, con un mix di consulenza tra indipendente e non”.
Quale ruolo giocheranno Banca d’Italia e Consob nell’attuazione della Mifid 2?
“Mi auguro colgano l’occasione per ridarsi indipendenza e autorevolezza, dopo i recenti scandali bancari. Mi aspetto una convergenza europea: non ha senso che i profili di adeguatezza siano locali, spero in una centralizzazione dei sistemi di controllo attraverso il digitale. Del resto, i modelli di sorveglianza classica di Bankitalia e Consob sono del secolo scorso: servono tecnologia, intelligenza artificiale e machine learning centralizzato per controllare seriamente, perché gli uomini sono inadeguati alla complessità richiesta dall’analisi di dati e obiettivi legati alla Mifid 2”.