Maxi fusione ANAS-Ferrovie (domani primo Cda congiunto) ma anche il destino di Alitalia… in ballo c’è la politica industriale del Paese. La situazione
Strade, ferrovie e aerei. Queste le prossime sfide industriali che il nuovo Parlamento e Governo saranno chiamati ad affrontare dopo il 4 marzo.
L’esecutivo uscente, guidato da Paolo Gentiloni, lascia in eredità un puzzle industriale i cui pezzi devono ancora finire di incastrarsi tra di loro, avendo soltanto gettato le basi per l’avvio di diverse progettualità che ancora, però, dovranno comporsi, anche se qualcosa sta procedendo indipendentemente dall’attività politica.
È il caso della maxi fusione Ferrovie-ANAS, procedura avviata quasi due anni fa, e giunta ormai al felice epilogo, o così almeno sembra. Grazie al recentissimo disco verde dato dall’Antitrust, infatti, l’intera partecipazione del colosso stradale è stata trasferita dal Ministero dell’Economia al Gruppo Ferrovie dello Stato, gettando così le fondamenta per la creazione di un gigante che vanterà 80 mila dipendenti, più di 10 miliardi di euro di fatturato e oltre 50 mila chilometri tra strade e ferrovie. Il via libera dell’Autorità garante guidata da Giovanni Pitruzzella segue la firma dei decreti da parte dei Ministeri dei trasporti e delle finanze avvenuta prima di Natale. Tutto pronto dunque, o no.
Con l’inglobamento del colosso stradale nel capiente ventre delle ferrovie italiane, quest’ultime saranno chiamate a gestire (e scrivere a bilancio) più di 9 miliardi di contenziosi: a tanto ammontano, infatti, le cause aperte contro ANAS da centinaia di imprese, e ancora in attesa di una soluzione. Un bel passivo, dunque, con cui FS dovrà fare i conti, e che zavorreranno non poco i piani di investimento.
Un primo aggiornamento sul futuro della nuova società è già stato fissato nell’agenda delle due big company già domani, mercoledì 24 gennaio, data in cui si svolgerà il primo consiglio di amministrazione congiunto sotto un unico tetto, quello di FS.
Non decolla, invece, la trattativa per la vendita di Alitalia, altro singolar tenzone che vede contrapposti i commissari liquidatori, interessati a massimizzare le operazioni di alienazione, e i diversi e potenziali acquirenti, che premono per uno spezzatino degli asset maggiormente appetibili (slot, aerei di proprietà e immobili), tralasciando un piccolo particolare, ovvero il futuro degli oltre diecimila dipendenti.
Sono giorni frenetici e il dialogo si fa sempre più intenso, con i colloqui serrati tra il «triumvirato» dei commissari liquidatori composto da Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, insieme ai corrispettivi istituzionali, i ministri Carlo Calenda e Graziano Delrio. Sullo sfondo le offerte, ancora tutte da approfondire, di Lufthansa e Air France: la compagnia tedesca chiede una cura dimagrante di 2 mila lavoratori, insieme ad un taglio drastico delle linee a medio e lungo raggio in perdita. Per quanto riguarda il dialogo con i transalpini, invece, il dossier della compagnia aerea tricolore sgomita per trovare spazio tra i molti fascicoli aperti e al vaglio di Roma e Parigi, operazioni tese ad assicurare equilibri politici più che industriali. Non pochi temono che la vendita della compagnia di Fiumicino verrà usata per compensare possibili concessioni italiane su altre realtà strategiche di interesse ai cugini d’oltralpe.
Accanto a tali questioni aperte, rimane sempre attuale l’imperativo per il futuro inquilino di Palazzo Chigi, del tutto analogo ai precedenti Governi, ovvero quello di ridurre il disavanzo e mettere in moto politiche competitive capaci di riaffermare l’Italia al centro dello scacchiere industriale, se non mondiale, ma almeno europeo.