La campagna elettorale procede pigramente tra scandali e contrasti interni alle coalizioni
Lo scandalo rimborsopoli che ha investito il Movimento 5 Stelle negli scorsi giorni non sembra placarsi, anzi.
Proprio in queste ore i vertici di M5S stanno verificando le restituzioni volontarie mancanti, o presunte tali, dei propri eletti nelle varie istituzioni. Dai primi riscontri si evince che non solo i parlamentari Andrea Cecconi e Carlo Martelli, ma anche alcuni consiglieri ed europarlamentari, avrebbero fatto finta di restituire metà della parte fissa del loro stipendio, regola interna del Movimento con la quale viene finanziato un fondo destinato al microcredito per le imprese.
Viene reso noto, infatti, che “mancano più soldi di quanto affermato dalla stampa” (leggi intorno ai 500.000 euro) e lo staff di Luigi Di Maio, capo politico di M5S, dice no agli sconti: chi ha violato le regole interne avrà “lo stesso trattamento di Cecconi e Martelli”. Dopo essere stati scoperti e “ostracizzati” i due hanno dichiarato pubblicamente che, in caso di elezione (ndr quasi certa stando ai sondaggi), rinunceranno al posto in parlamento a favore di altri esponenti del Movimento.
Diversamente, chi non ha alcuna intenzione di farsi indietro sembra essere l’avv. Catello Vitiello, candidato all’uninominale in Campania. A sentire Di Maio, il fatto che questi sia stato legato a lungo alla Massoneria, preclude qualunque suo coinvolgimento nelle fila del Movimento; a partire dall’utilizzo del simbolo. Ciò nonostante, il futuro di Vitiello risiede esclusivamente nelle mani di coloro che andranno a formare il gruppo parlamentare di riferimento. Se questi non voteranno per la sua espulsione, Vitiello potrà rimanere indisturbato nel gruppo di M5S.
Anche in casa centrodestra l’aria che si respira è piuttosto pesante.
L’invito fatto agli alleati dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, per presentarsi insieme ad un evento il 18 febbraio a Roma per dire “no agli inciuci”, è stato prontamente declinato sia da Berlusconi sia da Salvini.
Tuttavia, Meloni cede ancora una volta al ruolo di scudiera dei litigi altrui ed imputa la clamorosa diversità dei programmi tra Lega e Forza Italia al sistema elettorale; “una legge elettorale proporzionale porta i partiti a valorizzare quello che li distingue”.
Possibile però che le divergenze interne alla coalizione stiano diventando troppe? Forse sì, specialmente se consideriamo che la presentazione del programma “integrativo” di Forza Italia, a cui aveva lavorato Renato Brunetta, non è mai avvenuta.
Nel frattempo, a sinistra, mentre Pietro Grasso, presidente del Senato e leader di Liberi e Uguali, propone di “convocare il Consiglio di presidenza del Senato per attuare, se ci sono le condizioni, ancora una volta il tetto agli stipendi per il personale”, il leader di Insieme, Angelo Bonelli, alleato del PD, mette le mani avanti e dice che il suo gruppo è pronto a “ragionare con tutti coloro i quali mettono al centro del programma una serie di punti (leggi diritti e ecologia), anche con i Cinque stelle”.
Infine, il Partito Democratico di Matteo Renzi per ora continua la sua campagna abbastanza in sordina. Anche se il segretario del PD insiste, ad ogni occasione, nel dirsi fiducioso sulla rimonta nei sondaggi e di sopravanzare, alla fine, i Cinque stelle come primo gruppo parlamentare.