Per ora Europa esentata dai limiti su acciaio e alluminio. Le decisioni di Trump però potrebbero incidere per parecchi miliardi sul nostro export
E’ cominciato oggi il primo giro di valzer sui dazi a stelle e strisce: entrano infatti ufficialmente in vigore le tasse sull’importazione di acciaio e alluminio non americano (rispettivamente, del 25% e 10%), fortemente volute dal presidente Donald Trump e finalizzate a limitare lo strapotere commerciale cinese, e non solo.
Ma la Casa Bianca è andata oltre perché il presidente, ieri, ha firmato i documenti che introdurranno, tra un paio di settimane, dazi punitivi su una serie assai più ampia di importazioni dalla Cina per un valore prossimo ai 60 miliardi di dollari. Provocando l’immediata reazione di Pechino che minaccia serie ritorsioni. E inevitabili crolli sui mercati borsistici.
Indenne invece dai balzelli su acciaio e alluminio, almeno per ora, l’Europa. Che si aggiunge così alle esenzioni già previste per Canada, Messico, Australia, Argentina, Brasile e Corea del Nord.
Il rischio maggiore, tuttavia, per il futuro, resta attuale per quei paesi che commerciano maggiormente con gli Stati Uniti. E l’Italia è fra questi.
Secondo le rilevazioni ISTAT, l’interscambio Italia-USA vale 55,5 miliardi di euro, di cui ben 40 miliardi di esportazione di prodotti tricolori verso gli Stati Uniti. Oltre il 20% dei beni esportati sono rappresentati da autoveicoli e meccanica, fiore all’occhiello della produzione nazionale. Sono state 500 mila le tonnellate di acciaio vendute oltreoceano nell’ultimo periodo, quantità che potrebbe venire meno se anche l’Italia rimarrà nella black list del Presidente americano.
L’incubo della Commissione europea è che tutto l’acciaio invenduto a causa dei dazi invada il mercato interno, provocando una sovrapproduzione industriale da cui poi sarà difficile uscirne. È per questo che l’esecutivo di Bruxelles non è rimasto con le mani in mano ed ha lanciato una Consultazione sulla possibile politica commerciale Ue in risposta, eventuale, ai dazi americani, elencando diversi prodotti statunitensi di importazione che potrebbero essere presti messi al bando.
Ma i timori futuri sono legati ad una possibile espansione della politica protezionistica di Trump, per adesso limitata soltanto ad acciaio e alluminio, e che presto potrebbe colpire anche diversi altri prodotti. Come ad esempio l’industria farmaceutica, di cui l’Italia rappresenta il primo partner americano a livello europeo(nel 2017 le esportazioni in questo settore hanno superato i 3 miliardi di euro). Anche il mondo dell’alimentareteme ripercussioni, con le associazioni di categoria già sul piede di guerra, rappresentando il mercato americano la prima sponda commerciale extra-UE (per un valore di 3,7 miliardi nel 2016). Seguono a ruota i mercati del tessile, dell’arredamento e soprattutto della moda italiana, il cui valore dell’export si aggira intorno ai 4 miliardi.
Non si possono fare passi falsi, dunque, pena un blocco degli investimenti nei settori industriali sino ad oggi maggiormente redditizi. La speranza era di ottenere una deroga, e così è stato. L’apertura del presidente statunitense in tal senso lascia ben sperare, e sarà questo l’oggetto della missione intercontinentale del Commissario al commercio dell’Unione europea Cecilia Malmstroemche, settimana prossima, si recherà a Washington per incontrare l’omologo ministroWilburRoss, così da cercare un’apertura che consenta di ottenere l’esenzione duratura dell’Europa dalla morsa dei dazi.
Fiato sospeso e grande fiducia nella diplomazia, con la speranza che stavolta le colombe europee convincano i falchi di Trump.