Sbagliato rivolgersi al sistema pensionistico. Balduzzi (Cattolica) commenta gli ultimi dati Inps
di Valentina Magri
“È sbagliato chiedere al sistema pensionistico di risolvere il problema del rischio povertà per i Millennial, perché la povertà da anziani è un riflesso delle difficoltà che sperimentano i giovani di oggi a entrare e restare nel mercato del lavoro”. Ne è convinto Paolo Balduzzi, ricercatore e docente di Scienza delle Finanze presso l’Università Cattolica di Milano, editorialista e membro del comitato di redazione del sito di informazione economica lavoce.info.
L’Osservatorio sulle pensioni dell’Inps rileva che il 70,8% delle pensioni erogate sono sotto i 1.000 euro. Come mai sono così basse?
“Ci sono due aspetti da considerare. Il primo: buona parte di queste pensioni sono di assistenza o minime, che non hanno niente a che vedere con la partecipazione al mondo del lavoro. Andrebbero scorporati dall’analisi dei dati gli interventi assistenziali, che sono più bassi, da quelli previdenziali. Il secondo: considerato che più dell’80-90% delle pensioni erogate sono calcolate con il metodo retributivo, il che implica che dipendono o dagli anni di lavoro o dallo stipendio percepito nella in vita lavorativa, per cui i redditi sono molto in linea con i redditi da lavoro percepiti (tasso di sostituzione del 70-80%). Queste pensioni sono basse, ma coerenti con il reddito durante la vita lavorativa”.
L’86,6% delle donne percepisce pensioni al di sotto dei 1.000 euro. Come mai sono così penalizzate?
“Innanzitutto perché nel calcolo sono incluse quelle di reversibilità, il che non penalizza affatto le donne, che spesso le percepiscono in quanto vivono più a lungo dei mariti. Inoltre, le dinamiche retributive non sono brillanti in generale, ancora meno per le donne, svantaggiate sia in termini di stipendi, sia di numero di anni di lavoro. Con le leggi pensionistiche precedenti, le donne potevano andare in pensione prima, lavorando meno e quindi percependo una pensione più bassa.
È importante precisare che le prestazioni previdenziali sono differenti dai redditi previdenziali. Ad esempio, una donna che ha lavorato quando resta vedova percepisce la pensione di reversibilità, ottenendo un reddito da pensione superiore (l’ammontare totale di benefici pensionistici). Le donne tipicamente cumulano più pensioni (la loro e quella di reversibilità), perché hanno una speranza di vita superiore rispetto agli uomini”.
L’età media di uscita dal lavoro si sta alzando da 63,2 a 63,5 anni, ma al contempo sono salite le pensioni anticipate del 25,3%. Come interpreta questi dati: c’è un tira e molla tra Inps e italiani sul momento della pensione o forse ci sarebbe da ripensare qualcosa nelle dinamiche di uscita dal lavoro?
“Sicuramente è in corso un tira e molla, perché pur essendo prevista dalle nuove leggi un’età di uscita legale di 67 anni, esistono anche possibilità di andare prima in pensione, previste dalla riforma Fornero o introdotte recentemente come l’ape social e volontario, che permettono di andare in pensione prima rinunciando a parte della pensione stessa.
L’aumento dell’età della pensione non è a mio parere molto alto, ma mi pare pressoché costante. Sottolineo che è ancora molto basso rispetto all’età legale di pensionamento: questo vuol dire che nonostante le critiche al sistema pensionistico vigente, esistono molti meccanismi ancora che permettono di andare prima in pensione. Andrebbero riviste le regole perché più aumenta la quota di persone la cui pensione sarà calcolata con il sistema contributivo, maggiore dovrebbe essere la possibilità di scegliere liberamente l’età del pensionamento. Il fatto che la maggior parte delle pensioni siano calcolate ancora con il metodo retributivo, fa porre enfasi sull’età al pensionamento. In futuro si potrà rendere più elastica, purché ci sia trasparenza”.
L’Inps denuncia anche che sono a rischio povertà 5,7 milioni di giovani entro il 2050. Cosa si dovrebbe fare a suo avviso per evitare un esercito di futuri poveri?
“È sbagliato chiedere al sistema pensionistico di risolvere il problema, perché la povertà da anziani è un riflesso delle difficoltà che sperimentano i giovani a entrare e restare nel mercato del lavoro. Un problema che non si risolve domani agendo sulle pensioni da anticipare o innalzare, ma dando la possibilità oggi di accumulare contributi per godere di una pensione decente. Il problema dei Millennial non sono le pensioni basse future, ma le garanzie sul mercato del lavoro oggi”.