Nella prima tornata di incontri al Colle continuano le impuntature di centrodestra e M5S, piccole novità da Salvini e Di Maio. Nel Pd continua il dibattito sulle strategie future
Com’era nelle attese della vigilia, la seconda giornata di consultazioni al Quirinale ha portato a un nulla di fatto per la formazione del Governo, che renderà a questo punto necessario una seconda tornata di colloqui nell’arco della prossima settimana, per verificare se dopo alcuni giorni di riflessione saranno maturate le condizioni per intese tra i partiti.
Condizioni che al momento, come registrato da Sergio Mattarella, non esistono per via del persistere delle posizioni poco flessibili portate avanti dai due vincitori parziali del voto del 4 marzo: il centrodestra e il Movimento 5 Stelle. I rappresentanti della coalizione moderata continuano infatti a considerare il loro assetto e il loro programma come i punti di partenza irrinunciabili per ovviare all’assenza di maggioranze in Parlamento, mentre i vertici dell’M5S ritengono che solo un “contratto alla tedesca” che veda loro stessi nella veste di garanti del patto renderà possibile attuare il desiderio di cambiamento espresso nelle urne dai cittadini.
Stanti i pochi elementi di novità apportati dalle dichiarazioni odierne dei principali leader politici, assumono una portata da non sottovalutare da un lato il chiarimento di Luigi Di Maio sull’assenza di qualunque desiderio (quantomeno esplicito) di ‘spaccare’ Lega e Pd, destinatari delle proposte dei pentastellati (Di Maio ha annunciato che contatterà sia Matteo Salvini che Maurizio Martina), e dall’altro il passaggio in cui Matteo Salvini ha chiarito di puntare a un Governo “che duri 5 anni”, scenario che per il segretario del Carroccio richiede necessariamente che il centrodestra unito coinvolga i 5 Stelle, senza i quali “altre soluzioni sarebbero improvvisate”.
Sarà da vedere se e come potranno evolvere gli eventi nelle prossime ore, ma già da ora non è da escludere che le posizioni degli attori in gioco possano rimanere invariate almeno fino alle Regionali in Molise e Friuli-Venezia Giulia, previste rispettivamente per il 22 e il 29 aprile.
Andando oltre le consultazioni, la giornata di oggi ha fatto segnare delle nuove prese di posizione sul futuro del Partito Democratico, alle prese con il travaglio determinato dalla dura sconfitta di ormai un mese fa. Mentre sul Colle Martina (da ieri sera candidato alla carica di segretario) ribadiva per il presente la linea dell’opposizione, un esponente di peso come Gianni Cuperlo aggiungeva la sua voce al coro di critiche suscitato dalla prospettiva di ‘andare oltre il Pd’ per dare vita a un soggetto simile al francese En Marche, diffusa nelle ultime ore dal sottosegretario Sandro Gozi e da altre personalità vicine a Matteo Renzi.
“Sono rimasto nel Pd quando ha subito una scissione da sinistra e l’ho vissuta (quella scissione) come una sofferenza anche personale. Voglio partecipare alla ripartenza e ricostruzione del Partito Democratico. Oltre il Pd non so cosa vi sia, tendenzialmente (…) temo ci sia la destra” è quanto scritto da Cuperlo in un post su Facebook, nel quale auspica che “su un tema come questo non vi siano ambiguità e che se chiarezza si deve fare la si faccia in fretta”. Tuttavia, l’impressione è che fino a quando non verrà sciolto il nodo della leadership e del ruolo che Renzi continuerà a giocare (in questo senso, non è detto che l’Assemblea nazionale del 21 aprile chiuda a lungo il discorso) tra i dem continueranno tensioni e avvitamenti tutt’altro che improntati alla chiarezza.
Chiudendo con gli avvenimenti parlamentari, va registrato che Liberi e Uguali ha chiesto di poter costituire un Gruppo autonomo alla Camera, malgrado disponga di ‘soli’ 14 deputati (il numero minimo per la formazione dei Gruppi è di 20). L’ultima parola sulla questione sarà dell’Ufficio di Presidenza di Montecitorio, ma dato quanto previsto dal Regolamento e considerata la prassi delle ultime Legislature la richiesta dovrebbe essere accolta.