Roma si prepara ad accogliere il campionato mondiale. Ma l’Italia è ancora in forte ritardo sul piano della green mobility.
di Maria Carla Bellomia
Non sarà una semplice gara sportiva quella che la città di Roma si appresta ad ospitare domani, quando il Gran Premio della Formula Elettrica, organizzato dalla FIA (Federazione Internazionale dell’Automobile) sbarcherà per la prima volta in Italia, portando sul circuito cittadino allestito per l’occasione all’Eur, unicamente macchine ad alimentazione elettrica.
Un campionato che certamente contribuirà ad accendere i riflettori dell’opinione pubblica e l’attenzione dei media su un tema rimasto troppe volte ai margini del dibattito politico e della campagna elettorale da poco conclusa, ma che è da anni al centro dei temi legati allo sviluppo di un nuovo concetto di mobilità: quella elettrica.
Se considerato sotto questo aspetto, L’E-Prix potrebbe rappresentare quindi non solo un’importante occasione di rilancio per il mondo industrialedelle nuove tecnologie applicate al settore dell’automobile, ma un riflettore puntato sulla cosiddetta “Electromobility” e sulle prospettive future della diffusione del mercato dell’elettrico nel nostro Paese.
Non è infatti un caso se il primo campionato di Formula E si è tenuto a Pechino nel 2014, considerato che la Cina è in testa alla classifica internazionale per numero di auto elettriche.
E l’Italia?
Nonostante le aspettative di domanda in crescita e un’ottima base industriale, il mercato dell’auto elettrica stenta ad affermarsi nel nostro Paese, anche a causa dell’assenza di una visione di medio-lungo termine della E-Mobility.
L’ultimo rapporto presentato al Parlamento europeo, all’inizio di quest’anno, dalla organizzazione Electromobility conferma il ritardo fatto registrare in Italia su tutti gli aspetti della mobilità elettrica, inclusa una insufficiente pianificazione della rete infrastrutturale di ricarica – le colonnine elettriche – oltre a un numero di auto in circolazione (circa 8 mila), che si attesta molto ad di sotto degli standard europei.
Tra i fattori che contribuiscono a ritardare l’affermarsi della mobilità elettrica nel nostro Paese, ci sono poi i costi ancora proibitivi delle auto, nonché l’assenza di incentivi e di un quadro regolatorio nazionale pienamente operativo: basti pensare al ritardo nell’attivazione del PNIRE (Piano nazionale per la ricarica di auto elettriche) e dei Piani Urbani di Mobilità Sostenibile.
Non si può trascurare come Il ritardo nell’adeguamento del nostro sistema dei trasporti all’e-mobility abbia delle conseguenze dirette anche in termini di inquinamento, oltre ad un impatto economico negativo per il mancato sviluppo del settore.
E’ ormai comprovato come la diffusione della mobilità elettrica rappresenti infatti un fattore centrale per combattere l’inquinamento atmosferico, oltre che quello acustico, nei centri urbani, motivo per cui, da ultimo, proprio la città di Roma, ha annunciato la volontà di vietare dal 2024 le auto diesel dal centro cittadino, in linea con altre città europee, tra cui Parigi, Copenaghen, Stoccarda, Oslo.
Il passaggio all’elettrico avrebbe quindi degli effetti positivi per tutte le forme di trasporto, in primis quello pubblico, ma richiede un impegno preciso da parte del mondo politico, che non si limiti al settore dei trasporti ma che ricomprenda la strategia energetica nazionale e il suo efficientamento, oggi ancora troppo legato ai combustibili fossili .
Un gran premio che strizza quindi gli occhi non solo all’industria dell’automobile elettrica, con un fatturato che, secondo lo studio Enel potrebbe raggiungere i 100 miliardi nel 2025, ma che, se riuscirà ad ottenere il successo preannunciato, potrebbe servire da volano per la piena affermazione di un nuovo modello di green mobility che nel nostro Paese stenta ancora a decollare.