M5S e Lega al lavoro fino a domenica. Poi la “lente” di Mattarella. I dicasteri “chiave”
di LabParlamento
Lega e Movimento 5 Stelle al lavoro per il contratto di Governo alla tedesca e per la squadra. Tra oggi e domani sono previsti nuovi incontri, poi domenica Matteo Salvini e Luigi Di Maio comunicheranno al presidente, Sergio Mattarella, l’esito dei confronti. Lunedì la giornata decisiva e, forse, anche l’incarico, con il giuramento del Governo entro la settimana. Ad oggi c’è “piena sintonia” tra Movimento 5 Stelle e Lega, che va “al di là di ogni aspettativa” come dichiarato a seguito degli ultimi incontri.
I ministri “saranno meno di 20”, dichiara Vincenzo Spadafora, braccio destro di Di Maio, oltre ai 13 previsti, ce ne saranno quindi pochi altri senza portafoglio. “Il conflitto d’interessi sarà nel programma,” aggiunge. I primi obiettivi del nuovo esecutivo dovrebbero essere il reddito di cittadinanza e la flat tax. Forza Italia verso l’astensione o il voto contrario, a seconda dei nomi che verranno proposti compreso, naturalmente, il capo del governo.
Intanto, come consuetudine, impazzano totopremier e totoministri. Al netto di una considerazione non da poco: sarà il Capo dello Stato a dire l’ultima parola riguardo i dicasteri chiave come Economia, Interno, Giustizia, Difesa e Esteri, oltre che sulla figura del premier.
La questione ancora aperta resta: premier politico o tecnico, a maggiore salvaguardia di entrambe le parti? L’ipotesi della “staffetta” (come avvenne tra Bettino Craxi e Ciriaco De Mita nel 1983, patto che dopo la fine del governo Craxi aprì la via all’esecutivo De Mita) viene commentata da Vincenzo Spadafora come “è una cosa più raccontata, che nella realtà delle cose”. Resta, invece, saldamente in piedi la possibilità che il presidente del Consiglio sia una personalità terza, ma con caratteristiche politiche. Di Maio e Salvini disponibili a fare un passo di lato, per la poltrona di presidente del Consiglio, potrebbero fare i vice premier il primo con delega agli Esteri, il secondo agli Interni. Oppure in altri dicasteri sempre di peso.
Come nomi terzi circolano quelli dell’avvocato e senatrice leghista Giulia Bongiorno, ex legale di Andreotti e già parlamentare di AN, che non sarebbe esclusa neanche per il ministero della Giustizia. Nel totopremier anche l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarellli e Enrico Giovannini, già ministro del Lavoro con il Governo Letta, “antirenziano”, ex Ocse e con incarichi di fama internazionale (Onu). Nelle ultime ore circola anche il nome di Giampiero Massolo, diplomatico, Presidente dell’Ispi.
Per i ministeri economici, allo Sviluppo si fa il nome dell’economista del M5S Lorenzo Fioramonti, per il ministero dell’Economia si fa quello del deputato leghista Claudio Borghi o del consigliere economico di Salvini, Armando Siri, promotore della flat tax, candidato anche allo Sviluppo, di Giorgetti, che, se sarà escluso dalla carica di premier, potrebbe avere buone possibilità di succedere a Padoan o in alternativa diventare Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Allo Sviluppo economico, poltrona importante anche per le competenze in tema di Politica delle Comunicazioni (leggi frequenze, etc), inoltre potrebbe andare una persona in quota Lega ma vicina a Forza Italia a garanzia di Silvio Berlusconi. Sempre a Forza Italia dovrebbero andare alcune delle presidenze di Commissioni bicamerali e di garanzia come la Rai, ma non le Commissioni permanenti.
Per il ministero del Lavoro sarebbe in pole il docente universitario Pasquale Tridico: secondo Di Maio dovrebbe essere lui a occuparsi della spinosa questione del reddito di cittadinanza. L’evergreen Roberto Calderoli andrebbe alle Riforme costituzionali, Alfonso Bonafede del M5s papabile per la poltrona di Guardasigilli (per la quale corre anche Paola Giannetakis) mentre il collega di partito Riccardo Fraccaro per i Rapporti con il parlamento (o anche lui per lo Sviluppo). Il leghista Alberto Bagnai si candida all’Istruzione.
Da sciogliere infine anche il nodo del possibile ingresso di Fratelli d’Italia al governo, a cui nel caso potrebbe andare la Difesa o la Salute, forse proprio con Giorgia Meloni.