In Commissione speciale il decreto che introduce disposizioni per la tutela del lavoro nelle imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria. Chieste correzioni
Tutela del lavoro nell’ambito delle imprese sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata all’attenzione delle Commissioni speciali per l’esame degli atti del Governo.
Giovedì scorso i componenti delle mini assise di Palazzo Madama e Montecitorio sono stati chiamati a pronunciarsi sullo schema di decreto che attua la delega al Governo in merito all’introduzione di specifiche previsioni volte ad evitare che le aziende sottratte alla criminalità organizzata siano destinate a fallire, producendo costi economici e sociali a danno di tutta la collettività.
Con l’obiettivo di tentare di contrastare la presenza delle organizzazioni criminali nel tessuto economico e di favorire il mantenimento e lo sviluppo delle professionalità acquisite, lo scorso 16 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare lo schema di decreto contenente le prime misure volte a sostenere la continuazione dell’attività delle imprese sottratte alle organizzazioni criminali.
Secondo i dati delle Camere di Commercio sono 17.838 le imprese detenute da malviventi e ora sequestrate, realtà che danno lavoro a 250mila addetti creando valore per 21,7 miliardi di euro. Un universo produttivo a cui la politica non può non guardare con attenzione. Già la legge di stabilità 2016 aveva stanziato 30 milioni di euro di agevolazioni, cifra incrementata di altri 10 milioni con la legge di bilancio 2017. Ma tutto ciò non è bastato a normalizzare la situazione di migliaia di famiglie coinvolte nei crack. A legislazione attuale, infatti, i lavoratori coinvolti in un sequestro societario a causa della malavita non possono fruire degli ammortizzatori sociali ordinari. Oltre al danno la beffa.
Grazie al decreto in parola, finalmente, i dipendenti di queste particolari realtà potranno beneficiare di un trattamento di sostegno al reddito, non lontano dalle regoli in vigore per la generalità dei lavoratori. Lo schema di provvedimento prevede la concessione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un’indennità di disoccupazione (per la durata massima complessiva di 12 mesi nel triennio), in favore dei soggetti sospesi dal lavoro o impiegati a orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate e confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria.
Ma i buoni propositi del governo hanno dovuto fare i conti con l’attenta analisi delle Commissioni speciali che hanno sì espresso parere favorevole, ma hanno anche formulato delle osservazioni a cui l’esecutivo dovrà attenersi.
In particolare, i dubbi formulati dalla Commissione senatoriale (relatore del provvedimento il Sen. Mario Giarrusso, M5S) non sono stati soltanto di natura squisitamente tecnica, ma anche di merito.
Innanzitutto i componenti della Commissione speciale fanno rilevare come occorra, nel complesso, aggiornare in più punti il testo della bozza, alla luce delle numerose modifiche legislative nel frattempo avvenute. Inoltre, in relazione ai soggetti esclusi dal beneficio (nella previsione del decreto limitati a coloro i quali risultino indagati, imputati o condannati per il reato di associazione mafiosa) a parere della Commissione sarebbe opportuno estendere tale preclusione anche al coniuge, alla parte dell’unione civile, ai parenti e ai conviventi dei coinvolti. In parallelo, secondo l’opinione della Commissione, la misura di sostegno dovrebbe applicarsi anche ai lavoratori che non abbiano i requisiti per accedere alla NASPI, la nuova indennità mensile di disoccupazione.
Al netto di questi contributi tutto sembra pronto per inserire un altro tassello nella lotta alla criminalità organizzata, un mosaico di difficile composizione che potrà trovare la sua forma soltanto in presenza di una nuova unità politica e profondo senso dello Stato.