Necessari nuovi investimenti per la ricerca sull’IA. Aperto il dibattito sulle ricadute etiche e i limiti dell’intelligenza artificiale
Di Maria Carla Bellomia
Si è tornati a parlare di intelligenza artificiale oggi alla Camera dei Deputati, nell’ambito del convegno “Agenda digitale europea ed intelligenza artificiale – Quali opportunità per l’Italia“, per approfondire un tema dai molteplici risvolti e che pone considerevoli sfide per il prossimo futuro.
La riflessione, che si è sviluppata a partire dall’agenda digitale europea, parte dalla considerazione che la diffusione massiccia dell’intelligenza artificiale possa costituire un importante bacino di nuove opportunità, sia in Italia sia in Europa, e che, nonostante la complessità della situazione politico-istituzionale attraversata dal nostro Paese, il Parlamento italiano sia chiamato a ricoprire un ruolo importante per gettare le fondamenta di un’azione coordinata in favore dell’innovazione.
Ma per far questo, come ricordato dall’ambasciatrice Beatrice Covassi nel suo intervento, è necessario che l’Italia e la stessa Europa facciano sistema tra loro, per cogliere le opportunità di crescita in questo settore e per porsi in maniera competitiva sullo scenario internazionale: pur con punte di eccellenza – come i progetti-pilota di sperimentazione della tecnologia 5G – l’Italia si classifica infatti ancora al 25 esimo posto nella classifica europea sullo sviluppo digitale (la cd. Desi – Digital Economy and Society Index). Solo creando le necessarie condizioni di competitività e di raccordo delle eccellenze, all’interno del quadro comune dell’Unione europea, l’Italia potrà ricoprire un ruolo da protagonista in questo settore, dando avvio a nuovi investimenti, anche grazie alle risorse stanziate dall’Europa negli ambiti della ricerca e dello sviluppo.
Sul tema degli investimenti ha parlato anche Mirella Liuzzi, segretaria dell’ ufficio presidenza della Camera, che ha ricordato come la ricerca, insieme al tema dell’accesso delle PMI delle opportunità offerte dalla IA, rappresenti uno dei settori chiave su cui concentrare le risorse a disposizione, allargando il contesto nazionale alla cornice europea. Tre in particolare sono le sfide che attendono il nostro Paese in un’ottica di cooperazione in quest’ambito: migliorare gli investimenti relativi alla IA nella PA e nel settore pubblico; affrontare il mondo del lavoro e i suoi cambiamenti a seguito delle novità apportate dall’intelligenza artificiale; aprire un dibattito sul codice etico e legale legato alla intelligenza artificiale.
Parte del ritardo scontato dall’Italia nella competenza digitale è dovuto, secondo l’on. Antonio Palmieri, alla mancata alfabetizzazione di parte della cittadinanza sui temi dell’intelligenza artificiale, ragione per cui diventa fondamentale investire parte del budget comunitario in iniziative di comunicazione specifiche rivolte ai cittadini, per spiegare loro le opportunità legate alla IA e i rischi ad essa connessi.
Non c’è dubbio infatti che il dibattito sull’intelligenza artificiale debba tenere in adeguata considerazione l’aspetto più propriamente etico, come sottolineato dall’ex vicepresidente della commissione difesa della Camera Rosa Calipari: se è vero infatti che l’IA è destinata a modificare globalmente e in tempi piuttosto rapidi la nostra società, non si può prescindere dalla considerazione che le tecnologie alla base della IA devono essere sviluppate in un’ottica di benessere funzionale agli esseri viventi e che l’innovazione tecnologica non può contrastare con i principi umani inviolabili e universalmente riconosciuti.
Anche la Brexit potrebbe avere delle ricadute sullo sviluppo della IA, per quanto riguarda il filone della ricerca, essendo quest’ultima concentrata proprio nel Regno Unito. E’ quindi importante, secondo il direttore dell’ Oxford internet institute Luciano Floridi, cercare delle soluzioni per trattenere i ricercatori inglesi nel network europeo e far sì, allo stesso tempo che possa nascere una strategia collaborativa creando una partnership pubblico-privato con le grandi aziende che si occupano di ricerca e sviluppo.
Per quanto riguarda alcuni dei potenziali rischi collegati alla diffusione dell’ IA, il Prof. Marco Mayer, docente in conflict and peace building, ha affrontato il tema del c.d. contagio sociale – ovvero la capacità di trasmettere con più vie tecnologiche i messaggi di influenza – e della c.d. digital dependence, soprattutto per le nuove generazioni. A questo va aggiunto il pericolo di un controllo totale del lavoratore attraverso nuovi meccanismi tecnologici.
In conclusione, se è vero quindi che la mente umana non ha bisogno solo di essere riempita di dati ed informazioni per far si che si accenda il genio dell’intelletto, la sfida della IA, come suggerito da Enrico Prati dell’ istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr nel suo ultimo intervento, non può prescindere dall’intelligenza umana e dalla funzione cruciale ricoperta dall’educazione, dalla formazione e dalla ricerca che vede l’uomo protagonista di un cambiamento globale.