Primo round sulla riforma europea del diritto d’autore. Colpiti i giganti di internet costretti a remunerare gli editori per i contenuti pubblicati. Prossimo match il 2 luglio a Strasburgo
C’è già chi profetizza la fine di Internet e chi, invece, quello della buona informazione. Molte Cassandre, infine, prevedono l’imminente invasione di fake news, dato che la recente posizione espressa dall’Europarlamento metterebbe in pericolo la libertà del web. Fatto sta che la votazione della scorsa settimana della commissione Giuridica del Parlamento europeo (JURI) sulle nuove norme in materia di protezione del diritto d’autore sta facendo molto discutere.
Le ultime regole generali in vigore sul copyright nel mondo digitale risalgono al 2001, un’era geologica secondo il calendario della tecnologia.
Forse anche per questo il Parlamento di Bruxelles è intervenuto mercoledì scorso sulle norme che regolano il mercato unico digitale, introducendo – per la prima volta – quella che da molti è stata battezzata «link tax», ovvero una tassa a carico dei maggiori siti come Google o Facebook che si vedrebbero obbligate a pagare gli editori per qualsiasi notizia pubblicata. Al centro del dibattito i contenuti giornalistici online (i c.d. snippet): per continuarli a pubblicare in futuro tutti i siti dovranno acquistare un’apposita licenza dagli editori (e dividere con loro i proventi pubblicitari).
Altra tegola sul mondo dei contenuti la nuova norma che responsabilizza i siti per le violazioni sul diritto d’autore online, previsione da subito soprannominata «macchina per la censura»: i siti verranno ritenuti direttamente responsabili dei contenuti da loro pubblicati sotto il profilo del diritto d’autore, a meno di dotarsi di un apposito «filtro» informatico in grado di individuare per tempo se quanto caricato dagli utenti sia o meno protetto da copyright. A rischio soprattutto piattaforme come Youtube e Instagram che sul caricamento di video e immagini hanno sviluppato il proprio business model. In molti ritengono che un tale sistema limiti (se non addirittura impedisca) il diritto di libera espressione sul web, potendo ben intravedersi la «fine» dello spazio aperto e democratico per eccellenza.
La ratio dell’euronorma, in se, non contiene nulla di sbagliato: la proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale mira a garantire che gli artisti (soprattutto quelli di piccole dimensioni, ad esempio i musicisti), gli editori di notizie, gli autori e gli artisti possano trarre beneficio dal mondo online e da Internet. Se tali interventi dovessero tramutarsi in norme definitive, gli artisti potrebbero «rivendicare» una remunerazione aggiuntiva da parte del mondo del web, iperspazio che sfrutta le loro opere traendone profitto, senza nulla riconoscere a chi quelle opere le ha create.
Il pericolo però è dietro l’angolo. Lo stesso mondo dell’informazione è in allarme in vista delle possibili ritorsioni dei grandi player di Internet. Dovendo pagare per ogni pubblicazioni i siti potrebbero rinunciare alla loro funzione di «aggregatori» di notizie, lasciando spazio all’informazione di scarsa qualità, prima fra tutte fake news volte ad influenzare l’opinione pubblica (e qualcuno sarebbe anche disposto a pagare le piattaforme per diffondere falsi messaggi).
Al momento rimangono escluse dall’obbligo di rispettare le regole sul copyright le informazioni su enciclopedie online (come Wikipedia) o sulle piattaforme software open source (come GitHub). Esentati da oboli anche le illustrazioni utilizzate per l’educazione e per le istituzioni del patrimonio culturale come musei o biblioteche.
Il voto della scorsa settimana non rende però effettiva la proposta, ma esprime in maniera netta la posizione politica del Parlamento europeo in materia di diritto d’autore. Lobbisti delle big companies all’opera in vista dell’apertura del Parlamento in sessione plenaria fissata il 2 luglio prossimo, sede in cui verrà avviata la discussione sulla proposta in esame. Altro appuntamento quello relativo all’esame del Consiglio europeo dopo le vacanze estive. Insomma, i tempi non saranno di certo brevi ma di certo qualcosa – seppur emendata, rivista o corretta – accadrà. E forse Internet così come lo conosciamo non sarà più lo stesso.
Sulla questione si è espresso anche il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio sul Blog delle Stelle, affermando che “Una linea controversa, proposta inizialmente dalla Commissione europea, che riporta due articoli che potrebbero mettere il bavaglio alla rete così come noi oggi la conosciamo. Il primo prevede un diritto per gli editori, i grandi editori di giornali, di autorizzare o bloccare l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni introducendo anche una nuova remunerazione per l’editore, la cosiddetta link tax. Il secondo articolo è perfino più pericoloso del primo, perché impone alle società che danno accesso a grandi quantità di dati di adottare misure per controllare ex ante tutti i contenuti caricati dagli utenti. Praticamente qualunque cosa venga caricata che abbia anche solo una parvenza di ledere il diritto d’autore, e con questo mi riferisco a qualsiasi immagine per esempio, e sottolineo qualsiasi, potrebbe essere bloccata da una piattaforma privata”.
E per quanto riguarda la posizione italiana Di Maio dichiara che: “Faremo tutto quello che è in nostro potere per contrastare la direttiva al Parlamento europeo e qualora dovesse passare così com’è, dovremo fare una seria riflessione a livello nazionale sulla possibilità o meno di recepirla. Perché internet dev’essere mantenuta libera, indipendente, al servizio dei cittadini. Nessuno può permettersi di fare azioni di censura preventiva, nemmeno se quel qualcuno si chiama Commissione europea.”