Testo pronto per l’approvazione. Confermate le norme su delocalizzazioni e gioco d’azzardo. Rinvio per somministrazione e ritorno dei voucher
Di Alessandro Alongi
Ad un mese esatto dalla nascita dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, le parole sono state tante ma ben pochi, nella sostanza, i fatti. Tale andazzo sta iniziando a provocare diversi mal di pancia nell’establishment (prima fra tutte Confindustria) ed è forse è anche per questo che i protagonisti principali del nuovo Governo, Matteo Salvini e Luigi Di Maio vogliono dare un’accelerata all’attuazione del Contratto di governo, fondamento su cui si regge l’intera impalcatura della compagine «del cambiamento».
Il leader della Lega ha già in agenda l’incontro dell’11 luglio a Innsbruck con i ministri europei dell’Interno per far sentire la propria voce sul delicato tema dell’immigrazione, lavorando in parallelo per l’introduzione della flat-tax nella manovra di bilancio del prossimo autunno. Il Capo politico del MoVimento dei 5 Stelle, invece, si gioca il tutto per tutto su uno dei principali provvedimenti politici dei pentastellati, ovvero il «decreto dignità». Tutti ne parlano ma, al momento, nessuno conosce il definitivo contenuto delle misure. «Il testo è pronto» ha annunciato qualche giorno fa il vicepremier Di Maio, marchiando come «leggende metropolitane» le polemiche sull’assenza delle coperture finanziarie. «È solo una questione di bollinature, ma dal punto di vista sia politico, sia tecnico, è un decreto pronto», ha rassicurato lo stesso Di Maio.
Completamente da riscrivere la prima bozza circolata nei corridoi del ministero del lavoro il mese scorso, alla luce dei continui affinamenti del testo. I rumors raccontano di forti perplessità da parte del Ministro dell’Economia Giovanni Tria, un secco niet da parte delle associazioni imprenditoriali e non pochi dubbi di opportunità politica da parte della Lega. Forse anche per questo la discussione sul decreto è stata espunta dall’ultimo Consiglio dei ministri di mercoledì scorso (con un richiamo da parte del Sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti a verificare sempre le coperture economiche delle proposte).
Ma il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico tira dritto e, a meno di colpi di scena, presenterà oggi al preconsiglio dei ministri un nuovo articolato, in parte modificato, con l’obiettivo di ottenerne l’approvazione a strettissimo giro, così da placare gli animi anche interni al MoVimento. Probabilmente già domani il via libera definitivo al provvedimento.
Contenuti nella bozza originaria ma assenti nel provvedimento all’esame di quest’oggi la riforma dei contratti di somministrazione e la reintroduzione dei voucher (tema, questo, molto caro ai leghisti), «per cui demandiamo al parlamento tutte queste materie» ha affermato Luigi Di Maio, passando la palla (e le responsabilità) a Camera e Senato. Non troveranno posto nel decreto nemmeno le nuove regole sulla gig-economy: «i riders devono avere delle tutele, la loro umanità deve essere pagata e non considerata alla stregua di qualsiasi tecnologia» ha affermato il Ministro del lavoro, rinviando ogni intervento legislativo e portando la definizione della spinosa faccenda su un tavolo convocato questa settimana, riunione che vedrà confrontarsi ministero, operatori del settore e organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Pare confermata, invece, la riforma dei contratti precari, con una stretta sul numero dei rinnovi di nell’arco dei 36 mesi, che passano da cinque a quattro, e l’introduzione della causale di rinnovo al termine del primo anno. Confermate anche le norme sul contrasto alla ludopatia, con lo stop a ogni forma di pubblicità di giochi e scommesse con vincite di denaro (con una probabile deroga al divieto di pubblicità soltanto per le lotterie nazionali). Inutile il monito di chi tiene i cordoni della borsa che ha calcolato una contrazione degli introiti stimata in 700 milioni in tre anni, a causa del minor gettito di IVA sulle pubblicità.
Confermata, ancora, la stretta per le imprese beneficiare di contributi pubblici che scelgono successivamente di delocalizzare, con multe da 2 a 4 volte il contributo ricevuto.
Mentre pare certa l’abolizione del redditometro, in dubbio il superamento dello spesometro: i tecnici del MEF suggeriscono una proroga sino a fine anno dell’invio dei dati previsti da questo strumento (termine originario: settembre) in attesa di capire il da farsi. Esulano dal decreto (e rinviati a futuri provvedimenti ad hoc che troveranno spazio, con molta probabilità, sotto l’ombrellone estivo) la riforma del codice appalti e il taglio delle pensioni c.d. «d’oro».
Ma le maggiori critiche al testo provengono dagli addetti ai lavori che sottolineano la presenza di diversi errori e incongruenze giuridiche. Per questo non è escluso che, già in queste ore, possano intervenire alcuni correttivi tecnico-legislativi tali da far cambiare pelle al provvedimento, migliorie che cercheranno, per quanto possibile, di trasformare il «decreto dignità» in un «decreto dignitoso».