Concordata la bozza di relazione politica e l’accordo di recesso. L’ultima parola ai leader degli Stati membri
di Maria Carla Bellomia
Dopo l’accordo sulla Brexit, raggiunto lo scorso 14 novembre, è arrivato, nella giornata di ieri anche il primo via libera da parte dei ministri dell’Unione europea alla bozza di intesa politica congiunta sulle future relazioni tra l’Ue ed il Regno Unito.
A ben guardare infatti gli accordi da siglare con il Regno Unito nell’ambito della Brexit sono due: quello propriamente di recesso dall’Ue – avviato quasi un anno e mezzo fa e ormai arrivato al rush finale, dal momento che si dovrebbe concludere entro il 29 marzo 2019, e quello che disciplinerà le future relazioni UE-Regno Unito, sulla base di una “una partnership ambiziosa, ampia, profonda e flessibile“, come indicato nella stessa bozza di accordo.
Più nello specifico, i negoziati sulle future relazioni tra le due parti avranno il delicato compito di sciogliere alcuni nodi su questioni ritenute cruciali, come gli accordi bilaterali di cooperazione in vari settori – trasporti, energia, ambiente -, quelli in materia giudiziaria e nel settore della sicurezza, il contrasto al terrorismo e alla immigrazione illegale.
Particolarmente delicato è il tema della cooperazione economica. Stando alla bozza di accordo presentata dai negoziatori, sarebbe stata prevista la creazione di un’area di libero scambio per le merci che unisca una profonda cooperazione normativa e doganale, rafforzata da disposizioni che assicurino condizioni eque per una concorrenza equa ed aperta: in poche parole, un territorio doganale unico che garantisca la libera circolazione delle merci, senza tariffe o restrizioni quantitative.
L’obiettivo è quello di concordare un’uscita “ordinata” del Regno Unito, che salvaguardi – come ricordato dal capo negoziatore dell’UE Michel Barnier – l’ordine internazionale, lo stato di diritto e la promozione della democrazia, il tutto nell’ambito della cooperazione economica e commerciale tra le parti. Salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, pare dunque definitivamente archiviata l’ipotesi di una “hard Brexit” che aveva portato alle dimissioni, lo scorso luglio, dei Ministri per l’uscita dall’UE e degli Affari esteri, David Davis e Boris Johnson, a vantaggio di un modello maggiormente collaborativo.
D’altra parte la stessa Teresa May si è mostrata bendisposta ai negoziati, accogliendo positivamente l’ipotesi di accordo di recesso, all’indomani dell’intesa sulla Bexit.
Le parti hanno inoltre concordato di estendere di uno o due anni il periodo di transizione post Brexit – ovvero quel periodo durante il quale il Regno Unito non farà più parte dell’Ue ma durante il quale non saranno ancora applicabili le disposizioni dell’accordo sui rapporti tra UE e Regno Unito – la cui conclusione era inizialmente prevista per il 31 dicembre 2020.
Sulla base della prima intesa raggiunta ieri a Bruxelles, la bozza di relazione politica, che verrà allegata a quello di recesso, sarà ora sottoposta all’approvazione dei leader nazionali e ratificata da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione, sotto forma di dichiarazione congiunta: il prossimo appuntamento è quello di domenica 25 novembre, quando il Consiglio europeo straordinario sarà chiamato ad approvare formalmente entrambi gli accordi che hanno appena ricevuto il via libera dei ministri.
Nonostante i significativi progressi nelle trattative, un ostacolo sull’accordo di recesso potrebbe essere rappresentato dalla questione relativa al Protocollo di Gibilterra, che prevede una stretta cooperazione tra Spagna e Regno Unito nei confronti di questo territorio: stando alle dichiarazioni del portavoce della Commissione europea Schinas, il caso sarebbe infatti in una fase di stallo che i leader europei dovranno risolvere entro domenica per arrivare a una approvazione definitiva.
Sembrerebbe dunque essersi conclusa, senza strappi, la fase propriamente negoziale, a favore di una transizione verso quella finale delle trattative: prima del 29 marzo 2019, dovranno infatti essere portate a termine le procedure di ratifica da parte dei 27 Stati membri, delle istituzioni Ue e del Parlamento britannico.
Il 30 marzo 2019 nascerà quindi l’Europa a 27 Stati membri: non sarà certamente un traguardo facile ma rappresenterà pur sempre l’inizio di una nuova Europa.