Dietro il disinteresse dei consumatori verso i nuovi prodotti dell’azienda di Cupertino si consuma una guerra non solo commerciale, ma una partita sulla sicurezza giocata dal Governo americano
di Alessandro Alongi
Proprio mentre gli Stati Uniti mettono all’angolo la cinese Huawei, accusandola di spiare gli americani per mezzo dei loro prodotti (telefonini e router in primis), non si respira una bella aria nemmeno all’interno del quartier generale di Apple. Per l’azienda guidata a lungo da Steve Jobs la settimana appena conclusa ha lasciato dietro di se risultati di business per niente lusinghieri, cosa che fa presagire l’inizio di un periodo di vacche magre per la società oggi diretta da Tim Cook.
Sul banco degli imputati le scarse innovazioni, il recente scandalo dell’obsolescenza programmata e, non ultimo, l’alto costo (forse eccessivo) degli ultimi prodotti, tutti fattori che stanno facendo disinnamorare anche i più accaniti sostenitori dell’azienda californiana.
Non c’è pace per il prodotto di punta, l’iPhone, status simbol per eccellenza della mela morsicata: è passato in sordina il lancio dei tre nuovi telefoni lo scorso 12 settembre (Xs, Xs max e Xr), niente file fuori dai negozi, niente accampamenti per riuscire ad ottenere un’anteprima delle novità come gli anni passati. Non si è trattato, forse, di semplice disinteresse, quanto l’assunta consapevolezza di una nuova linea di prodotti poco differenti dai precedenti, e ad un costo davvero esoso (anche 1.600€). la situazione, stante gli annunci della società, non è destinata a migliorare, anzi: il colosso statunitense ha annunciato per questo trimestre, che include anche il periodo natalizio, momento tradizionalmente favorevole al mercato dei telefoni, un ridimensionamento dei ricavi, cosa che ha fatto ulteriormente impoverire le azioni a Wall Street (da ottobre si conta un deprezzamento di circa il 20%).
Oltre a scelte di marketing più o meno avventate, c’è da registrare il fiato sul collo delle autorità di regolazione così come quello della concorrenza.
Sul primo versante il mese scorso l’Autorità antitrust italiana ha multato Apple per 10 milioni di euro (insieme a Samsung) accusandola di rilasciare aggiornamenti ai software degli smartphone con l’unico scopo di provocare malfunzionamenti e riducendo, di conseguenza, le prestazioni dei prodotti, così da costringere gli utenti all’acquisto di un nuovo telefono.
Sul secondo fronte, quello della concorrenza, i competitor approfittano del momento di difficoltà di Apple, prima fra tutti quella stessa Huawei entrata nel mirino del Presidente Trump e che oggi rappresenta il secondo operatore mondiale per vendita smartphone (davanti alla stessa Apple). Ed ecco che le malignità sulla nuova politica anticinese intrapresa della Casa Bianca si sprecano. Soccorso al colosso di Cupertino o reale minaccia per la sicurezza americana? La sortita di Washington non è chiara, ma fatto sta che la presa di posizione sui temi di cybersicurezza, strettamente legata ai recenti modelli lanciati da Huawei ha una coincidenza temporale piuttosto dubbia. Al centro delle polemiche sono entrati anche i terminali orientali commercializzati in Italia, Germania e Giappone. Tra le accuse mosse al colosso di Pechino il rifiuto, da parte dell’azienda cinese, di consegnare le chiavi di decriptazione dei propri prodotti alla National Security Agency. Soprattutto attraverso i router made in China gli americani sospettano che tutti i dati possano essere facilmente intercettati e usati a fini di intelligence, e le cose non andranno di certo meglio con l’imminente avvento della tecnologia a 5G. I rischi sembrano talmente elevati per la sicurezza nazionale che gli Stati Uniti starebbero pensando, come rivelato dal Wall Street Journal, ad un pacchetto di aiuti per le nazioni che rifiuteranno di far entrare nei loro confini i prodotti dell’azienda fiore all’occhiello della Repubblica Popolare.
In generale, spulciando i dati, si nota come il trend del mercato dei telefonini globale è in costante discesa, parabola che colpisce tutti i principali produttori: da 378 milioni di telefoni commercializzati nel terzo trimestre del 2017 si è passati ai 355 milioni del 2018. Se, da un lato, i dati possono servire a creare un alibi allo stop dei ricavi di Apple, dall’altro stiamo parlando di un’azienda del valore di mille miliardi di capitalizzazione. Che può benissimo sopportare un piccolo restringimento del portafogli.