Il colosso dell’e-commerce ottiene il permesso per consegnare direttamente i prodotti in vendita sul sito più famoso del mondo. Già multata per esercizio abusivo della professione tale scelta appare più un atto dovuto che una precisa strategia commerciale, anche se la partita è tutta aperta
di Alessandro Alongi
Dopo essere entrato nel marcato della distribuzione via internet di film, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento (facendo concorrenza a Netflix), dopo aver sperimentato il primo servizio di consegna della spesa a domicilio in meno di due ore (mettendo in crisi i supermercati) e dopo aver inaugurato i servizi di archiviazione dei dati online (entrando in competizione con le principali aziende di cloud computing) Jeff Bezos, patron di Amazon, non finisce di stupire.
La settimana scorsa il Ministero dello Sviluppo Economico ha inserito ufficialmente la società di e-commerce nell’elenco degli operatori postali, concedendo così disco verde alla consegna di pacchi, buste e, in generale, ogni prodotto sul territorio italiano.
Amazon Italia Logistica e Amazon Italia Trasport, le due controllate dell’azienda americana nella Penisola, sono state ufficialmente abilitate a far concorrenza a Poste Italiane e ai principali corrieri, quasi più per dovere che per piacere. Infatti entrambe le società erano già state multate questa estate dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per esercizio della professione di “postino” sine titulo.
In particolare, l’istruttoria condotta dagli uomini di Marcello Cardani, avevano messo in luce come Amazon svolgesse direttamente il servizio di consegna (attraverso società controllate) di prodotti offerti dai venditori e recapitati ai clienti finali, nonché il servizio di recapito presso gli armadietti automatizzati (c.d. locker), in barba a tutte le condizioni che regolano il servizio postale.
Le società che svolgono tale attività, infatti, sono tenute al rispetto di vari obblighi, tra i quali l’essere in regola con le disposizioni in materia di condizioni di lavoro previste dalla legislazione nazionale e dalle contrattazioni collettive di lavoro di riferimento vigenti nel settore postale, l’essere in regola con gli obblighi contributivi per il personale dipendente impiegato e l’adozione della carta dei servizi nei confronti degli utenti. Nulla di tutto ciò per i fattorini della società di Seattle che, però, è stata posta con le spalle al muro e costretta ad adeguarsi alla legislazione nazionale italiana. Gli analisti propendono più a considerare la richiesta di iscrizione al registro degli Operatori postali un “dovere” più che una scelta commerciale ben precisa.
Infatti il gigante americano ha appena sottoscritto un accordo triennale con Poste Italiane per la consegna dei propri prodotti, segno che l’intenzione di scendere in campo in prima persona è ancora lontana. Ma non lontanissima.
Una flotta di 40 aerei, migliaia di cassette postali e altrettanti camion sono già pronti a gestire le eventuali criticità che dovessero presentarsi (memori del blackout delle consegne del Natale 2013 ad opera di Ups, in panne per l’elevato numero di consegne, cosa che costrinse Amazon a rimborsare centinaia di migliaia di clienti in attesa dei regali natalizi e a offrire loro 20 dollari per il disagio). Una bocca di fuoco in standby che, già adesso, grazie a più di 200 centri logistici coast to coast, mettono nelle condizioni l’azienda di e-commerce di essere sostanzialmente autonoma nel campo dei recapiti postali. In America le consegne targate Amazon sono già potenzialmente pronte per partire, un carrarmato con i cingoli di gomma al momento posteggiato in una piazzola di sosta ma con i motori accesi, segno che tale modello di business potrà varcare in qualsiasi momento le Colonne d’Ercole ed entrare in Europa, cosa che creerà qualche grattacapo ai tradizionali protagonisti delle consegne.