Approvate a Strasburgo le nuove regole per la difesa del diritto d’autore online (con il voto contrario di Lega e 5 Stelle): più tutele per editori e giornalisti, maggiori garanzie per i detentori dei diritti d’autore. YouTube, Facebook e Google News sono solo alcune realtà che ricadranno nella nuova legislazione
di Alessandro Alongi
Con 348 sì, 274 no e 36 astenuti l’aula dell’Europarlamento di Strasburgo ha detto sì alla nuova direttiva in tema di copyright nel mondo digitale, provvedimento il cui cammino è stato frastagliato e il cui epilogo non sarà privo di polemiche.
Cosa cambia: innanzitutto le piattaforme web saranno responsabili dei contenuti caricati dagli utenti, con un obbligo generale di cooperazione nei confronti dei creatori delle opere digitali così da scongiurare, come accade oggi, che in rete finisca materiale privo della dovuta autorizzazione da parte dei legittimi titolari. Campanello d’allarme soprattutto per piattaforme come Youtube e Instagram che sul caricamento di video e immagini hanno sviluppato il proprio business model.
La direttiva, inoltre, mira ad aumentare le possibilità dei titolari dei diritti (in particolare musicisti, artisti, interpreti e, soprattutto, editori di notizie) di negoziare accordi con le principali piattaforme web sulla remunerazione derivata dall’utilizzo delle loro opere presenti su Internet. I giganti della rete, adesso, dovranno condividere con artisti e giornalisti i loro guadagni. In particolare, essi potranno chiedere alle piattaforme una remunerazione aggiuntiva per lo sfruttamento dei loro diritti qualora la remunerazione originariamente concordata risultasse sproporzionatamente bassa rispetto ai benefici che ne derivano per le piattaforme.
Chi rimane fuori dalle nuove regole: nel testo viene specificato che il caricamento di opere su enciclopedie online non commerciali come Wikipedia, o su piattaforme software open source come GitHub, sarà escluso dal campo di applicazione della direttiva. Le startup saranno soggette a obblighi più leggeri. La condivisione di frammenti di articoli di attualità (i c.d. “snippet” ) sono espressamente esclusi dal campo di applicazione della direttiva, e possono quindi continuare ad apparire in un newsfeed di Google News, o su Facebook, a condizione però che essi siano “molto brevi”. Tuttavia, la direttiva contiene anche delle disposizioni per evitare che gli aggregatori di notizie ne abusino.
Vincitori e vinti: da una parte esultano gli editori e gli artisti, che vedono riconosciuti tutti i diritti d’autore oggi esistenti nel mondo reale anche in quello online, e che definiscono il voto del Parlamento come una vittoria della ragione, del buonsenso e della dignità del lavoro. Dall’altra parte i big di Internet (Google in testa) che denunciano come le nuove norme siano vicine alla censura e alla libertà di espressione propria del web, impattando sulle economie creative e digitali dell’Europa.
L’iter legislativo: iniziato nel 2016, il cammino della direttiva è stato lungo e tortuoso. Dopo due anni di negoziati, nel luglio del 2018, si è avuta la prima approvazione parlamentare e, quando tutto sembrava ormai pronto per approdare alla discussione del Consiglio dell’Unione (la sede dove i governi dei 28 Paesi sono rappresentati) ecco il coup de theatre: a gennaio scorso Italia e Germania hanno sventolato il cartellino rosso nei confronti della bozza e, insieme a polacchi e olandesi, avrebbero voluto impedire che il negoziato inter-istituzionale continuasse. Al centro del dibattito il ruolo delle piccole e medie aziende in relazione all’ambito di applicazione della nuova direttiva. Ma nella notte dell’8 febbraio, dopo frenetiche consultazioni, gli ambasciatori degli Stati membri hanno dato il via libera alla bozza, nonostante il voto contrario dell’Italia e di altri 7 paesi (Polonia, Olanda, Svezia, Finlandia, Lussemburgo, Malta e Slovacchia): Francia e Germania avevano nel frattempo raggiunto un compromesso per escludere dall’ambito delle nuove regole tutte le startup con meno di 5 milioni di visitatori unici al mese. E così, con tanta fatica, nella notte del 13 febbraio scorso finalmente Parlamento, Commissione e Consiglio hanno trovato la quadra, giungendo ad un accordo definitivo sulla nuova direttiva, approvato in via definitiva dal Parlamento, come detto, nella giornata di ieri.
Adesso la parola passa ai singoli Stati Membri che dovranno recepirla. Ma questo sarà un film diverso.