Dopo giornate e nottate di studio e analisi Abeille arrivò alla conclusione che sul rapporto con il PIL doveva ruotare tutto: nacque il famoso “tetto” del 3% che avrebbe condizionato l’economia europea e mondiale nei decenni a seguire
«In macroeconomia tutto comincia e finisce con il PIL». Una dichiarazione che ha il sapore dell’assioma e che potrebbe essere attribuita a un qualsiasi grande personaggio dell’economia mondiale e sulla quale diventa davvero difficile obiettare.
E in effetti arriva dalla bocca di un qualcuno che in materia non è di certo un neofita: si tratta di Guy Abeille, nome che non dovrebbe evocare immagini lampanti nelle menti dei più ma al quale la vita dei più – se non di tutti – è legata. Si tratta infatti dell’inventore del tetto del 3% al rapporto deficit/PIL scritto sulla pietra del Trattato di Maastricht come diktat della Ue e monito per la classe politica di tutti gli stati membri. Questo signore francese, oggi quasi settantenne e totalmente al di fuori dal mondo politico ed economico, si gode la pensione e la massima attività che fa è quella di amministrare il proprio condominio in quel di Parigi, in uno dei luoghi più iconici della capitale francese, il quartiere Latino.
Ma non è nella sua vita attuale la notizia bensì in quello che faceva per vivere nei primi anni ’80 quando, poco più che trentenne, incaricato dal dipartimento del Bilancio del ministero delle Finanze dell’allora Governo Mitterand, dovette studiare una formula capace di contenere l’inflazione alle stelle, il crescente deficit dello stato ed evitare nuove svalutazioni monetarie del franco francese.
Si viveva in una situazione economica che risentiva ancora della crisi petrolifera di fine anni settanta e l’austerity andava per la maggiore in tutto il Vecchio Continente. Così dopo giornate e nottate di studio e analisi Abeille arrivò alla conclusione che sul rapporto con il PIL doveva ruotare tutto e creò il famoso “tetto” che avrebbe condizionato l’economia europea e mondiale nei decenni a seguire.
Tutto questo è stato raccontato in un’intervista al Il Sole 24Ore negli scorsi giorni, insieme alla certezza che la regola del deficit al 3% del PIL non solo sia ormai superata ma che si fondi su basi che di scientifico non hanno niente e che, a conti fatti, è nata dal buon senso, dall’avere un qualcosa di spendibile per la classe politica dell’epoca e facilmente comprensibile dalla gente e che pesca anche un po’ nel misticismo e forse nella Cabala, considerato il valore magico del numero 3 e l’accezione positiva che porta con sé anche nell’immaginario religioso.
Sembra una boutade, per restare Oltralpe, ma è tutto vero.
Abeille prosegue l’intervista spiegando come siano invece più efficaci nuovi vincoli – sempre di sua invenzione – non più legati al PIL ma alle risorse pubbliche di un Paese avvicinando così lo stato al principio di solvibilità di un’azienda.
Mentre il gotha dell’economia europea valuterà le nuove proposte di monsieur Abeille, sul rapporto deficit/PIL continuano a cadere in molti. Solo in Italia diversi governi hanno dovuto fare scelte assai impopolari, altri si sono dovuti dimettere, altri ancora hanno continuato a litigare sui decimali.
La paura del debito paralizza le imprese che non sanno quali imposte dovranno pagare e a quanto ammonteranno gli interessi sul debito, ferma le famiglie che in un clima di incertezza spostano parte dei redditi dai consumi ai risparmi, spiazza gli investitori, nazionali o esteri, che ci penseranno a lungo se comprare parte del debito o investire in un’azienda italiana che a sua volta frenerà investimenti o assunzioni per paura degli impatti negativi del debito. In questo scenario di stasi il bilancio dell’economia reale si fa sempre più critico: l’Ocse ha individuato al 12% il tasso di disoccupazione per il 2019 mentre il reddito pro capite ha fatto un balzo indietro al 2000.
L’anno del Millennium Bag, del Grande Giubileo, degli europei di calcio persi al golden gol, delle boy band, di internet semisconosciuto e dell’euro – inteso come moneta – in fase di ingresso nelle tasche degli italiani ed europei.
Ecco, in quell’epoca remota che in realtà risale a solo 19 anni fa, si colloca il reddito degli italiani anche per – (oltre a scelte scellerate, miopia economica, scarsa lungimiranza politica e tanti, tanti altri fattori) – via del tetto al debito al 3%. Insomma monsieur Abeille, grazie comunque le faremo sapere.