Crescono gli Stati membri dell’Ue, diminuiscono gli scranni per l’Italia. Crolla l’affluenza alle urne. La società e le famiglie si modificano. Ecco come l’Italia si presenta alle urne domenica 26 maggio
Compiono 40 anni, quest’anno, le elezioni Europee. Era infatti il 10 giugno 1979 quando si votò per la prima volta per eleggere i rappresentanti degli Stati membri in seno al Parlamento europeo.
Nel 1979 gli Stati membri erano nove, Italia inclusa, e tutti avevano più seggi a disposizione.
Il nostro Paese, avrebbe infatti occupato 81 scranni contro i 73 delle ultime elezioni del maggio 2014.
Anche la partecipazione al voto era decisamente più consistente.
Tra Italia e Unione europea si recarono infatti alle urne l’85,7% degli elettori. Nel 2014 il dato è sceso terribilmente attestandosi al 57,4% e nessuno sa quale sarà l’affluenza alle urne domenica 26 maggio.
Cosa è successo in questi anni, quali dinamiche si sono succedute nella popolazione italiana e, dunque, tra gli elettori?
Proviamo a vedere qualche numero anzitutto.
Intanto possiamo dire che secondo i dati Istat dei censimenti del 1971 e del 1981 in Italia c’erano circa 55 milioni di persone, 5 milioni in meno rispetto ad oggi.
E già questo è un primo numero su cui riflettere. Eravamo di meno, ma partecipavamo di più alla vita politica del nostro Paese e a quella Europea che ci si presentava.
L’altro dato interessante è quello relativo al cosiddetto movimento migratorio interno, cioè gli spostamenti degli italiani all’interno dello stivale. Il trend generale è sempre il medesimo: dal Sud e dalle Isole si va via (il saldo migratorio è infatti negativo), mentre nel Centro e al Nord si cresce e il saldo è dunque positivo.
Quello che cambia sono le quantità. Mentre infatti nel 1979 quasi tutti coloro che andavano via dal Mezzogiorno (circa 38.000) erano “assorbiti” dal Centro e dal Nord (che crescevano di circa 18.000 unità per ripartizione geografica), nel 2014 ad abbandonare Sud e Isole sono stati 44.000 e al Centro e al Nord si cresce di 28.000 unità.
Dove sono finiti quindi quei 16.000 italiani – elettori? Probabilmente all’estero. E questo è un altro grande tema di riflessione che qui sarà solo accennato. Chi va fuori probabilmente, se manterrà la propria residenza in Italia, non tornerà per votare e questo perché nel proprio Paese non ha trovato quello che pensava e sperava. Sarà più probabile che l’emigrato italiano ottenga cittadinanza all’estero e partecipi più attivamente alla vita politica del Paese dove sta costruendo il proprio futuro.
E le famiglie come sono cambiate in questi anni? Nel 1981 risiedevano in Italia 18,6 milioni di nuclei familiari. Trenta anni dopo le famiglie erano aumentate e sfioravano quota 25 milioni.
Si è modificata però la loro struttura. Se nel 1981 c’erano milioni di famiglie monocomponenti e 1 milioni addirittura con 6 componenti, nel censimento del 2011 i dati erano nettamente cambiati. Quasi 8 milioni di nuclei monocomponenti e poco più di 300.000 con 6 componenti. Il numero medio di componenti delle famiglie si è ridotto ed è sceso da 3 a 2,4.
E questo può aver influito ed influisce sulle dinamiche elettorali, e soprattutto sulla partecipazione attiva alla politica. Molto probabilmente sì. La famiglia, più o meno numerosa, svolge certamente un importante ruolo educativo, anche da punto di vista civico. Diventa il primo momento di confronto soprattutto per i più giovani, l’ambito nel quale si formano gli orientamenti culturali e politici delle generazioni più giovani, ma anche di quelle che lo sono meno.
Come arrivano a queste elezioni Europee gli Italiani? Certamente non al massimo della “forma”.
I dati del passato ci raccontano un Bel Paese diverso da quello di oggi. La società, la sua struttura era diversa.
Tutto questo influenzerà anche queste votazioni, e purtroppo sarà l’ennesima vittoria del disinteresse per la cosa pubblica e per i propri doveri di cittadino, italiano ed europeo.