I 5 indicatori che compongono l’Indice sintetico dell’economia meridionale fanno segnare un lieve miglioramento, mentre continua la crescita delle esportazioni. Boccia chiede una “flat tax sul mondo del lavoro”. Il Ministro Lezzi annuncia una forma di decontribuzione per il Sud a favore delle imprese che vogliono assumere nel prossimo biennio
L’economia del Sud Italia rallenta. Così dicono Confindustria e Studi e ricerche per il mezzogiorno (Srm) nel loro rapporto di qualche giorno fa.
Frena anzitutto il Pil che fa registrare nel Mezzogiorno una crescita dello 0,4%, meno della metà del +0,9% della media nazionale e ben al di sotto del +1,4% del Nord-Est.
Frena anche il Pil per abitante, che al Sud (con 17.320 euro) si mantiene attorno al 65% della media italiana, lontano dai 31.096 euro procapite del Centro-Nord mentre tutte le regioni meridionali fanno registrare apprezzabili incrementi del valore aggiunto, ma purtroppo nessuna di esse ha ancora recuperato i livelli pre-crisi.
Sul fronte del lavoro le cose non vanno meglio. Anzi. I disoccupati sono circa un milione e 500 mila, il tasso di attività si ferma al 54% e quello di occupazione al 43,4%. Un dato ancor più preoccupante se si considera che l’occupazione giovanile ha raggiunto un tasso record del 51,9%. Più di un giovane meridionale su due non lavora.
Nel terzo trimestre 2018 poi si è registrato un -2,2% del tasso di occupazione che vuol dire che gli occupati tornano sotto la soglia dei 6 milioni. Si salvano da questo andamento solo, seppur in parte, Molise, Puglia e Sardegna.
E neanche guardando alle imprese i dati sono molto entusiasmanti: dopo molti trimestri di aumento, le imprese attive sono meno di 1 milione settecentomila, ma di queste, solo 25 mila hanno più di 9 dipendenti.
Sul punto è intervenuto il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, chiedendo per il Mezzogiorno (e per tutto il Paese) «una flat tax sul mondo del lavoro». Boccia ha infatti ricordato che «esiste un cuneo fiscale in cui la parte di tassazione e contribuzione incide dal 70 al 120%, ed è arrivato il momento di partire da quell’aspetto» e poi «aggiungere un piano di inclusione dei giovani nel mondo del lavoro pubblico e privato».
Sul tema del cuneo fiscale si è espressa anche il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, durante la presentazione del rapporto di Confindustria. «Per il M5S la priorità nell’abbassare le tasse è il cuneo fiscale» perché «intervenendo sul cuneo si fa un salto per rendere competitive le imprese», ha sottolineato, annunciando poi che «sarà rifinanziato il credito d’imposta per il Sud, che ha dato un significativo risultato» ed è anche «allo studio una forma di decontribuzione per il Sud a favore delle imprese che vogliono assumere nel prossimo biennio»
Sul fonte creditizio, si registra, tra il 2017 e il 2018, un forte calo dei crediti in sofferenza, che scendono al Sud in un solo anno di circa 8,3 miliardi. Ad eccezione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, si contraggono gli investimenti pubblici, che accentuano il proprio calo proprio nelle regioni meridionali.
Ma in verità il problema non sembrerebbe essere quello della quantità di risorse a disposizione (ci sono a disposizione oltre 100 miliardi di euro per il periodo 2014-20) quanto i tempi lunghi di utilizzo e di pagamento.
Ed il tema del tempo si riscontra anche per quanto riguarda la realizzazione di interventi infrastrutturali. Le gare cominciano finalmente infatti a restituire qualche indicazione positiva, ma se in Italia il tempo medio di realizzazione di interventi infrastrutturali è pari a 4,4 anni, nelle regioni del Mezzogiorno (ad eccezione della Calabria) si registrano tempistiche molto superiori alla media nazionale. Ad essere lunghi sono soprattutto i tempi di progettazione, che assorbono oltre metà del tempo di realizzazione.
Gli investimenti fissi lordi ristagnano. Per essi sembra infatti attenuarsi di intensità il piccolo rimbalzo che aveva caratterizzato gli ultimi anni. In particolare, l’agricoltura fa registrare un brusco calo, solo parzialmente compensato da un piccolo incremento degli investimenti nelle costruzioni. In questo ambito gli investimenti privati programmati nel 2018, soprattutto nell’industria, indicavano una stima positiva (+14,9%, secondo la Banca d’Italia) che va verificata. Restano comunque lontanissimi i valori pre-crisi: gli investimenti fissi lordi totali sono inferiori del 36,2% rispetto a quelli del 2007, con differenze ancora più marcate per l’agricoltura (-55,6%), nelle costruzioni (-42,7%) e nell’industria in senso stretto (-38%).
Qualche dato positivo arriva dalle esportazioni delle regioni del Mezzogiorno che fanno registrare un positivo +5,5%, portando il valore complessivo delle merci esportate vicino ai 50 miliardi di euro: nell’anno trascorso, l’andamento delle principali province esportatrici (da 500 milioni di euro in su), mostra per tutte le province (tranne Bari) delle variazioni positive.
Ma i primi mesi del 2019 fanno, viceversa, segnare una brusca frenata dell’export manifatturiero, con un calo del 3,2% rispetto al I trimestre 2018, a fronte di una crescita del 2,5% nel Centro-Nord. A penalizzare le regioni meridionali è soprattutto la flessione dell’export di coke e prodotti raffinati, in diminuzione del 21% rispetto al I trimestre 2018, solo parzialmente compensata dall’andamento dell’export di mezzi di trasporto (+4,5%), prodotti alimentari (+5,1%) e soprattutto dalla farmaceutica, che mette a segno un lusinghiero +18%.
Crescono in particolare le esportazioni verso i Paesi Ue non appartenenti all’eurozona (tra cui il Regno Unito), verso gli Stati Uniti e verso i BRICS, mentre cala soprattutto l’export verso i Paesi dell’Area Med. Cosicché si modifica anche la composizione settoriale dell’export del Mezzogiorno nel medio periodo. L’export di prodotti alimentari aumenta tra il 2007 e il 2018 di oltre 2 miliardi di euro (+71,9%), come pure in aumento è il peso di mezzi di trasporto e prodotti della meccanica; cala, viceversa, il peso dei settori come il tessile e il chimico. Lo stop & go che caratterizza l’export meridionale costituisce anche un vincolo oggettivo all’espansione delle imprese del Mezzogiorno, stanti i limiti di cui il mercato domestico continua a soffrire: restano, infatti, elevati i divari interni in termini di potere d’acquisto, che si traducono in minori consumi (circa 800 euro pro capite in meno nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del CentroNord).
Consolida invece, in maniera decisa, la sua tendenza positiva il cosiddetto “export turistico”, ovvero il contributo del turismo estero all’economia meridionale. I turisti stranieri che hanno visitato il Mezzogiorno nel 2018 sono stati il 14% in più dell’anno precedente, superando le 13 milioni di presenze: particolarmente significativa è la crescita in valore assoluto delle presenze straniere in Sicilia (oltre 800 mila in più). Analogamente, cresce (+6,8%) la spesa dei turisti stranieri al Sud, superando di slancio quota 6 miliardi di euro.