Tutti i documenti economici che ruotano attorno alla Legge di Bilancio si stanno muovendo con provvedimenti e misure all’insegna del “vorrei ma non posso”, che è sempre meglio del più cinico “potrei ma non voglio”
La Legge di Bilancio 2020 va sempre più connotandosi come una moderna tela di Penelope: per ogni giorno di tessitura segue una notte dove uno dei tanti protagonisti di governo, ambendo al ruolo di première dame di Itaca, si affaccenda per disfarla.
Come il mito in questione non si tratta poi di cosa nuova, anzi; operette del genere vanno in scena tutti gli anni, in cartellone da ottobre in avanti, con prove attoriali sempre più ardite, ma sceneggiature sempre più lacunose e raffazzonate.
Niente di nuovo quindi e nulla che si estinguerà in fretta: da qui al 31 dicembre, vera data ultima per l’approvazione della Legge di Bilancio in Parlamento, la strada è ancora lunga; tra i moniti di Bruxelles, stilettate nemiche delle opposizioni e fucilate interne alla maggioranza, lo spettacolo potrà mantenersi avvincente e variegato.
Che poi, va osservato, agli attori più in vista della scena politica piace andare a braccio, perché tra Nadef e Documento programmatico di bilancio la concretezza langue su più punti.
Ad ogni modo l’Esecutivo (o meglio, una sua parte) difende la manovra, definendola espansiva; le opposizioni (ma anche qui, non con un’unica voce) attaccano la finanziaria, sostenendo che di espansivo c’è solo il deficit e le tasse. A onor del vero, con i pochi numeri alla mano, non è corretta (ma neanche completamente errata) né l’una né l’altra posizione. Al netto delle clausole di salvaguardia – scongiurate solo per il 2020 e in parte per il 2021 – il Governo Conte 2 ha diminuito il disavanzo di circa 7 miliardi di euro, il precedente Esecutivo – che sarebbe il Conte 1, ma fa sempre un po’ sorridere detta così – lo ha aumentato di una cifra pressoché equivalente.
Le tasse aumentano, e non di poco: tra balzelli, imposte e accise, il gettito dovrebbe crescere di 13 miliardi. Per contro va considerato che le poche misure espansive contenute in manovra avranno pieno effetto solo nel 2021.
Ora, in un’epoca dove vige la dittatura dell’attualità è impossibile essere considerati credibili in un orizzonte temporale che va oltre una manciata di giorni; al “nuovo” Governo va dato atto che non c’erano né tempo né tantomeno soldi, considerati i famosi 23 miliardi per evitare l’incremento dell’IVA, per agire diversamente con questa manovra.
E così tutti i documenti economici che ruotano attorno alla Legge di Bilancio si stanno muovendo con provvedimenti e misure all’insegna del “vorrei ma non posso”, che è sempre meglio del più cinico “potrei ma non voglio”: riduzione del cuneo fiscale sì ma solo da metà del prossimo anno; asili nido gratuiti e aiuti alle famiglie sì, ma da settembre 2020; abolizione del superticket sanitario, ancora una volta sì, ma ancora una volta dal prossimo settembre.
Va da sé che non è sufficiente e che, in definitiva, la manovra sia sostanzialmente neutrale.
I margini d’azione, tolto il diktat del no IVA, sono inesistenti e far tutto non è chiaramente possibile. Bisogna dunque giudicare in un contesto più ampio e non limitarsi al mero conto aritmetico e andare oltre la “superficie della dialettica politica”, per dirla bene.
I toni più miti e il fare più conciliante verso le regole europee son stati premiati anche dai mercati, come sottolinea il ridimensionamento dello spread, ormai sulla linea di galleggiamento dei 130 punti base.
Tuttavia la minor spesa di interessi non può essere considerata strutturale e in nessun documento di natura economica è stato fatto un accenno alla riduzione del debito pubblico. Quest’ultimo punto è stato osservato anche dal Fondo Monetario Internazionale qualche settimana fa: oltre alla crescita piatta del PIL nazionale aveva giudicato l’Italia “incapace di assumersi un impegno credibile nella riduzione del debito”.
Il debito – sempre lui – è anche la vera sottolineatura in rosso nella lettera appena spedita da Bruxelles; il rischio di deviazione significativa dagli aggiustamenti di bilancio concordati non piace alla Commissione Ue.
Se si aggiunge che anche in questa manovra, eccezione fatta per il fallimentare gioco d’azzardo con le clausole di salvaguardia, non sono state individuate coperture per gli anni successivi, si può affermare che siamo di fronte all’ennesima navigazione a vista, con iceberg dovuti all’economia debole e a previsioni di crescita di pochi decimali, disseminati lungo il tragitto.
In questo senso sì, si può e si poteva fare di più, anche solo qualcosina, senza essere eroi ma semplicemente responsabili.