I dati dell’Istituto di statistica per il mese di settembre: crescita economica “sostanzialmente stagnante”, disoccupazione in crescita fino a sfiorare il 10%. Attesa per la prossima Legge di bilancio
“Leggero calo” degli occupati a settembre, secondo i dati diffusi dall’Istat.
Rispetto ad agosto, infatti, si è registrata una contrazione dello 0,1%, pari a 32mila unità in meno.
È vero, sono rilevazioni mensili, e quindi da prendere con le molle perchè soggette a fattori contingenti, ma a quanto pare (contingenze a parte) dalla ultima nota dell’Istituto nazionale di Statistica trapela qualche preoccupazione: “Dopo la crescita dell’occupazione registrata nel primo semestre dell’anno e il picco raggiunto a giugno, a partire da luglio i livelli occupazionali risultano in lieve ma costante calo, con la perdita di 60mila occupati tra luglio e settembre”.
Non vanno meglio le cose sul fronte della crescita economica. Lo stesso giorno dei dati sull’occupazione, infatti, sono stati resi noti anche quelli che riguardano l’andamento del Prodotto interno lordo.
Dura la sentenza del Pil: “sostanziale stagnazione dell’economia italiana dall’inizio del 2018”, dice l’Istat commentando i numeri non entusiasmanti.
Una nota positiva però c’è: l’uscita in contemporanea dei dati sull’occupazione e di quelli sull’andamento del Pil sono una buona occasione per ragionare in modo più ampio ed interdipendente.
Si può pensare, per esempio, di far crescere l’occupazione se l’economia è ferma? Ovviamente no, a meno che si voglia far leva su una qualità del lavoro via via più scadente.
Se l’occupazione cresce con l’economia ferma, infatti, ciò è conseguenza del fatto che crescono i posti di lavoro, ma a scapito delle ore lavorate (per risultare occupati basta un’ora di lavoro regolare nella settimana considerata) e sotto la spinta del part time involontario (cioè imposto dai datori di lavoro per risparmiare). E questo era scritto nei comunicati dell’Istat dei mesi precedenti.
Inoltre, se nei mesi scorsi è cresciuta un pò l’occupazione, questo andamento positivo può essere spiegato solo se collegato con gli sgravi contributivi previsti per le assunzioni stabili.
Questo dato è quindi un pò “drogato”, nel senso che gli sgravi sono molto efficaci e rapidi nel produrre risultati, ma senza ulteriori misure l’apparente “benessere occupazionale” si esaurisce nel breve periodo.
Nell’ultima rilevazione dell’Istat si dice anche che sono in calo i lavoratori indipendenti. Anche questo dato conferma il fatto che senza crescita economica non c’è maggiore e migliore occupazione. I lavoratori indipendneti sono privi di ammortizzatori sociali e quindi sono coloro che ai primi cenni di rallentamento dell’economia ne pagano le conseguenze.
Qualche timido segnale positivo sembra invece arrivare dai dati sulla disoccupazione che è cresciuta dello 0,3%, arrivando al 9,9%.
Ma come? L’aumento della disoccupazione è un fatto positivo? Si, se diminuiscono gli inattivi.
Se sono a casa senza la minima voglia di cercare un lavoro e ad un certo punto inizio invece a cercarlo, finisco tra i disoccupati. Quindi passo da una “staticità” ad un “dinamismo”, che non è una cosa negativa. Ovviamente il ragionamento funziona se il numero di disoccupati cresce e quello degli inattivi si riduce del medesimo volume, a parità di forza lavoro.
Come se ne esce? Keynes avrebbe consigliato di leggere la sua equazione per il calcolo del Pil, individuando le leve su cui poggiare una maggiore crescita economica: consumi finali, investimenti (pubblici e privati), esportazioni (maggiori delle importazioni).
A breve sarà noto il testo della prossima legge di bilancio e magari da li si potrà già capire quali saranno i prossimi dati che diffonderà l’Istat…..speriamo siano migliori di questi.