I lavori partiranno il prossimo 9 maggio e avranno durata biennale. Al centro del dibattito le priorità politiche dell’Ue e i cittadini europei
A settant’anni dalla firma della dichiarazione Schuman, simbolo della nascita del progetto comunitario, l’Unione europea torna a fare i conti con se stessa e con le sue origini. E lo fa, in uno di momenti forse più complicati per la tenuta di quell’Unione dei popoli, auspicata – per primo – da Altiero Spinelli – e messa seriamente in discussione dopo lo shock della Brexit e l’addio del Regno Unito.
A chiedere l’apertura di una conferenza sul futuro dell’Europa erano stati, a fine anno, Germania e Francia, vale a dire i due Paesi che, a conclusione del mandato croato, ricopriranno la presidenza semestrale dell’UE rispettivamente nel periodo luglio-dicembre 2020 e gennaio-giugno 2022. Secondo la proposta franco-tedesca, accolta dalle istituzioni europee, la Conferenza dovrebbe coinvolgere tutti gli Stati membri e le loro società civili, basandosi su di un mandato inter-istituzionale, sotto la presidenza di una personalità politica autorevole.
Obiettivo: rivedere tutti – o quasi – gli aspetti del funzionamento dell’Unione. Trattati compresi. Salvo sorprese, quello che è certo, fino ad oggi, è che la Conferenza prenderà il via il prossimo 9 maggio – in occasione della festa dell’Europa – e che avrà una durata di due anni.
Secondo gli intendimenti della Commissione, resi noti con una recente comunicazione pubblica, il progetto rientra a pieno titolo tra gli orientamenti politici – ispirati a una rinnovata fiducia nel progetto europeo che ha alimentato fin dall’inizio il suo programma di lavoro – della neo eletta Presidente Ursula von der Leyen ed avrà come obiettivo quella di valorizzare un dibattito aperto, inclusivo, trasparente tra i cittadini europei.
In particolare, secondo la proposta avanzata dalla Commissione, il dibattito dovrebbe articolarsi in due fasi: la prima incentrata sulle priorità politiche dell’UE e sugli obiettivi da perseguire – tra cui la lotta ai cambiamenti climatici e ai problemi ambientali al centro del Green New Deal di recente emanazione, l’equità sociale e l’uguaglianza, la trasformazione digitale dell’Europa, la promozione dei valori europei e il consolidamento delle fondamenta democratiche dell’Unione – e la seconda che dovrebbe invece concentrarsi su tematiche più specificamente correlate al processo democratico e alle questioni istituzionali, come il sistema dei candidati capilista (il cd. Spitzenkandidaten che tanto aveva fatto discutere in occasione del rinnovo della Commissione europea) e le liste transnazionali per l’elezione dei parlamentari europei.
Anche il Parlamento europeo ha partecipato alle fasi preparatorie della Conferenza, approvando, lo scorso 15 gennaio, una risoluzione che, attraverso una serie di proposte, impegna gli Stati membri a riformare l’Unione europea dal basso, attraverso l’istituzione di agorà e forum tematici che fungano da luoghi privilegiati di dibattito, con i cittadini come protagonisti. D’altra parte, essendo l’unica istituzione dell’UE direttamente eletta dai cittadini, l’Europarlamento appare come l’istituzione più titolata per richiamare l’attenzione dei Governi sull’importanza del dialogo nella valorizzazione del processo democratico.
La presidenza croata, da parte sua, ha accolto l’invito lanciatole dal Consiglio dei ministri dell’UE ed ha inserito la Conferenza sul futuro dell’Europa tra le priorità del suo programma.
Se ancora restano da definire le modalità con cui coinvolgere oltre 500 milioni di cittadini europei di 27 Paesi membri, nelle fasi di ascolto e dialogo con le Istituzioni comunitarie, è chiaro invece l’intento che la Conferenza vuole perseguire: rilanciare il progetto europeo comune, per cercare di colmare il deficit di democraticità di cui soffre da tempo l’Unione europea, recuperando la fiducia dei propri cittadini nella “casa comune” europea.
In attesa quindi che si concludano i negoziati e che la Commissione, il Parlamento e il Consiglio adottino una posizione condivisa sui contenuti, sulla portata e sul calendario degli incontri della Conferenza, ci si chiede che ruolo potrà svolgere l’Italia nell’ambito dei lavori e quale sarà la posizione nazionale sugli obiettivi e i risultati attesi dalla Conferenza.
Se la Conferenza ambisce ad essere un momento storico di svolta, non potrà infatti prescindere dal contributo di uno dei Paesi fondatori per la costruzione – o forse è meglio dire – per la ristrutturazione di una “nuova” Europa. E ci si augura che questi momenti di dialogo possono diventare momenti strutturali e permanenti di riflessione sul futuro dell’Unione e sulle sfide che l’attendono.