Ennesima istruttoria delle autorità per la privacy, stavolta sui servizi di localizzazione telefonica di Big G. Ma nonostante ciò, possiamo davvero fare a meno dei servizi della società di Larry Page?
Anno nuovo, problemi vecchi. Dopo essere stata sanzionata per aver violato le norme antitrust creando una posizione dominante nei motori di ricerca nel 2018, e dopo lo stop (con annessa multa miliardaria) dalla Commissione UE sulla piattaforma di raccolta pubblicitaria AdSense nel 2019, ecco in arrivo un’altra grana per Google.
Stavolta il grido di allarme proviene dal Garante privacy irlandese, intento ad approfondire se il funzionamento di Google Maps e, in generale, di tutti quei servizi di geolocalizzazione del colosso di Mountain View, rispettino alla lettera le previsioni del GDPR sulla protezione dei dati personali degli utenti.
La vicenda muove i primi passi un anno fa, quando alcune associazioni europee di protezione dei consumatori hanno denunciato alle autorità irlandesi (competenti per territorio, avendo Google la sede legale proprio nelle terre di San Patrizio) alcuni profili critici circa possibili violazioni della privacy degli utenti attraverso i servizi di localizzazione telefonica gestiti proprio dalla società californiana.
Il timore manifestato dalle associazioni ricorrenti è che le informazioni sui luoghi che visitiamo come bar, negozi, luoghi di culto siano in grado di conferire a Google il potere di trarre conclusioni sulla nostra personalità, religione o orientamento sessuale, bagaglio di notizie utili a profilarci sempre con maggiore accortezza.
Con l’evoluzione delle nuove tecnologie, infatti, oltre alle classiche informazioni personali, altri dati hanno assunto un ruolo significativo, come quelli proprio relativi al nostro posto nel mondo, informazioni che forniscono agli operatori un quadro analitico sui luoghi frequentati e sugli spostamenti effettuati. Da qui la crescente attenzione degli utenti, a causa della possibile (e fatale) rielaborazione di queste informazioni, incroci tra abitudini di consumo, acquisti effettuati e luoghi visitati del singolo utente, tutte informazioni facilmente reperibili dalle piattaforme tramite la semplice elaborazione dei dati provenienti da miriade di fonti, dai pagamenti elettronici, alle ricerche sul web sino proprio alla geolocalizzazione.
Secondo le associazioni dei consumatori promotrici del ricorso, il consenso a “condividere” i dati sulla posizione degli utenti non è stato concesso a Google liberamente, ragion per cui i consumatori sono stati indotti ad accettare impostazioni intrusive per la privacy. Tali pratiche, secondo Monique Goyens, direttore generale dell’Organizzazione europea dei consumatori (BEUC), non sembrano affatto conformi alla legge sulla protezione dei dati personali dell’Unione europea.
In attesa dell’epilogo della vicenda, in una sfortunata coincidenza temporale, Google ha annunciato di aver rinnovato il servizio Maps, in occasione dello spegnimento della quindicesima candelina del popolare servizio di navigazione stradale, aggiungendo cinque nuove sezioni “per osservare ed esplorare il mondo”. Nella speranza che, tra le molteplici osservazioni, non siano incluse anche gli spostamenti degli utenti che non desiderano essere tracciati.