Il Covid, oltre agli effetti sulla salute, sta avendo come ormai noto effetti sulle le abitudini sociali e sull’economia provocando così quella che viene definita dagli esperti una sindemia. Una serie di disagi di varia natura connessi alla Pandemia anch’essi con una diffusione mondiale. Disturbi psichiatrici, ansia, insonnia, depressione, non solo da parte di chi è venuto a contatto con la malattia direttamente o indirettamente, magari attraverso la perdita di un parente, ma anche per chi, a causa della pandemia ha perso il proprio lavoro o ha subito danni economici gravi. Questo è stato uno dei temi affrontati nel XXII congresso nazionale della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia.
Abbiamo chiesto al dott. Fabrizio Di Stani, neurologo, che cos’è la sindemia da Covid 19 e di chiarirci i rischi a cui siamo esposti:
«Dal punto di vista etimologico il termine sindemia deriva dal greco συν (insieme) e δήμος (popolo) e indica l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie, caratterizzata da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione svantaggiata. In questo momento il SARS-CoV-2 sta quindi esponendo la nostra salute a un duplice rischio: lo sviluppo della malattia COVID-19 con tutte le sue possibili conseguenze e lo sviluppo, conseguente alla pandemia, di una patologia psichiatrica (ansia, depressione) che è profondamente influenzata dalle condizioni sociali, economiche e ambientaliche sono differenti per ognuno di noi. E’ fondamentale che la classe politica faccia i conti con questa realtà e capisca quindi che non si può chiedere lo stesso sforzo indistintamente a tutta la popolazione. Sarebbe come imporre a dieci persone a caso di correre 5 Km in 25 minuti. Alcuni saranno in grado di farlo ma molti non ci riusciranno».
Quali consigli per chi, come ad esempio un disoccupato o un imprenditore, per i motivi sopra elencati si trova ad affrontare uno di questi disagi:
«Ogni situazione ha delle criticità differenti. Quello che mi sento di poter consigliare, per quanto sia obiettivamente difficile da accettare e da mettere in atto, è di far appello alla nostra resilienza e di cercare in ogni modo di non pensare, se non in termini propositivi, al momento che stiamo vivendo. Tutti noi dobbiamo fare lo sforzo di vivere ogni singolo istante della nostra giornata senza farci sopraffare da pensieri catastrofici sulle possibili conseguenze future della situazione che stiamo vivendo. In questo modo ci prenderemo cura della nostra salute allontanando lo sviluppo di sintomi psichiatrici e avremo maggiori risorse cognitive per affrontare in modo risolutivo i nostri problemi».
Dunque crisi sanitaria, crisi economica e crisi sociale. E i giovani? Anche gli studenti stanno pagando a caro prezzo gli effetti di questa pandemia: tra didattica a distanza, presenza in aula a singhiozzo e attività sportive limitate. Secondo lei come stanno reagendo e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
«I giovani studenti, a mio avviso, stanno attraversando un periodo molto complesso soprattutto per le notevoli limitazioni in termini di socialità e interazione con gli altri coetanei. Da un punto di vista didattico invece è sicuramente vero che ci sono delle difficoltà nel seguire un programma di studio tradizionale ma è altrettanto vero che ogni singolo studente potrebbe sfruttare questo momento di distanza dalla didattica tradizionale, ad esempio, cercando di individuare una materia o un argomento che susciti un’intensa curiosità e magari di iniziare coltivare una inaspettata passione».
Come diceva Albert Einstein: “É meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione”