Il partito dei sovranisti chiude la porta in faccia a Giorgia Meloni annunciando la disponibilità offerta a Mario Draghi. Una notizia bomba solo per i non addetti ai lavori, perchè chi conosce bene le vicende del centrodestra sa che l’unità è ormai ufficialmente dissolta.
“Noi siamo a disposizione, lo abbiamo detto al professor Draghi. La Lega è la prima forza politica del Paese, ha 131 deputati, 63 senatori, governatori in tutta Italia, migliaia di sindaci. È una forza che dove governa lo fa con ottimi risultati”. Ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini, al termine delle consultazioni con il presidente incaricato, Mario Draghi. Parole ricche di autostima, in pieno stile salviniano, che comunque ha mollato i toni duri da padano, per indossare cravatta e occhiali istituzionali, graditi certamente alle alte sfere dei poteri che contano. Se politicamente la posizione della Lega appare legittima un pò meno politicamente corretto è la risposta data alla domanda dei giornalisti sul No della Meloni al governo Draghi: “Non commento sì o no degli altri. Li rispetto”.
Poche parole pronunciate con lo sguardo dritto nelle telecamere, non una sfida ma certamente una presa di posizione che avrà conseguenze importanti a partire dal principale appuntamento elettorale all’orizzonte: le comunali di Roma che dovrebbero tenersi in estate o al massimo in autunno.
Del resto, dopo le gaffe mediatiche dell’esperienza del Salvini ministro-sceriffo, la Lega ha cambiato strategia e toni e i sondaggi pare gli stiano dando ragione (le ultime rilevazioni dell’istituto Tecné la danno primo partito al 23,9%). Certo, per chi parla il linguaggio dell’antipolitica, resterà nel curriculum aver fatto, nella stessa legislatura, due governi con M5S e con Pd, come dire il diavolo con l’acqua santa.
Sul fronte Fratelli d’Italia, la Meloni nazionale continua a tenere fede alla linea di coerenza che, sondaggi alla mano, ha portato il partito di Colle Oppio al 17,1%, staccando ormai di quasi quattro punti il Movimento 5 Stelle (fermo al 13,8%). La Meloni vanta la coerenza di aver sempre detto no a governo “inciucio” con M5S e con il centrosinistra.
Una posizione chiara fin dal 26 gennaio: “Basta con questa pantomima indegna: l’Italia merita un governo solido che lavori unito per gli interessi della Nazione. La parola torni agli italiani”. Parole chiare che non lasciano spazio ad aperture, a differenze del via libera dato da Forza Italia e di fatto anche dalla Lega.
Intanto, tornando alle beghe Capitali, la Lega ha fatto partire da oggi la campagna elettorale con i classici banchetti in tutti i quartieri di Roma. Un programma in titoli che parla di ambiente, con nuovi impianti necessari per la gestione del ciclo dei rifiuti, senza ovviamente spiegare se si tratti di termovalorizzatori o nuove discariche. Troppo complesso spiegarlo ai romani, forse di più assumersi l’onere di indicare dove costruirli e con quali fondi. Ma anche stadi di calcio di proprietà e la chiusura dei campi rom, già presente nel programma della destra nel 2008 e mai completamente realizzata.
Top secret il nome del candidato sindaco che, giurano almeno i leghisti, sarà condiviso da tutto il centrodestra. Il nome fin qui indicato era quello di Guido Bertolaso, oggi incaricato dalla regione Lombardia di gestire il delicato piano di vaccinazione. Difficile credere che possa rinunciare in corsa e buttarsi in una campagna elettorale che si preannuncia fra le più dure degli ultimi anni. Ancor più difficile immaginare, con una Lega di fatto in coalizione di maggioranza al governo, che Fratelli d’Italia nella Roma meloniana si lasci imporre un nome e una squadra, senza poter dettare le sorti del centrodestra nella prima e fondamentale sfida elettorale che si terrà dopo la crisi politica.