Il 50% del beni confiscati alle mafie in Italia ha ancora i sigilli ed è in attesa di essere assegnato per finalità sociali ma ciò che stupisce è che mediamente tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo sociale trascorrono 10 anni. È quanto emerge dal dossier “Fattiperbene” realizzato dall’associazione Libera presentato in occasione dei 25 anni dall’approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996.
Dal 1982 ad oggi sono 36.616 i beni immobili confiscati, di questi il 48% è destinato dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, tutto il resto è fermo in attesa di assegnazione. Ad oggi sono 4.384 le aziende confiscate di queste il 34% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; il 66% ancora in gestione presso l’Anbsc.
Sono 867 soggetti diversi (come associazioni e cooperative sociali) impegnati nella gestione beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.
Il maggior numero di beni immobili confiscati e destinati in Sicilia(6.906), segue Calabria (2.908),Campania (2.747), Puglia(1.535) e Lombardia (1.242). Sono invece 4.384 le aziende confiscate, di queste il 34% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; il 66% è in questo momento ancora in gestione presso l’Anbsc. Anche qui la Sicilia prima tra le regioni per il numero aziende destinate(533), segue Campania (283), Calabria(204) e Lazio (160). Libera presenta il dossier Fattiperbene la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni dall’approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996.
“A venticinque anni dall’approvazione della Legge 109 del 1996 – commenta Libera – è certamente possibile fare un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni – immobili, mobili e aziendali – sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all’usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione. Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune”.
Non mancano però le ombre: “il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali”.
Nel dossier Libera elabora i dati dell’Agenzia Nazionale:sono 36.616 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi. Circa 17.300 sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali mentre sono 19.309 beni immobili in gestione all’Agenzia (dati aggiornati al 2 marzo 2021), di cui più di 11.000 confiscati in via definitiva (dati al 31 dicembre 2019) e che rimangono ancora da destinare perché presentano varie forme di criticità (per quote indivise, irregolarità urbanistiche, occupazioni abusive e per condizioni strutturali precarie) oppure restano accantonati in attesa delle verifiche dei creditori.
Secondo una ricognizione avviata nel corso del 2019 dall’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6.000 beni immobili destinati alle amministrazioni comunali, dai riscontri pervenuti su 2.600 beni,risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato poi effettivamente riutilizzato. Dalle relazioni annuali dei Commissari straordinari di Governo e dell’Agenzia nazionale è possibile anche tracciare l’andamento storico delle confische e delle destinazioni, a partire dal 1982 fino ad oggi.
“In questi 25 anni – commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera– abbiamo assistito a un lavoro straordinario: il lavoro della magistratura e delle forze di polizia per individuare i beni frutto degli affari sporchi delle mafie, e renderne operativa la confisca; il lavoro di associazioni ed enti pubblici per restituire davvero quei beni alla gente, trasformandoli in scuole, commissariati, centri aggregativi per giovani e anziani, realtà produttive che offrono lavoro pulito e rafforzano il tessuto sociale ed economico dei territori. C’è una debolezza strutturale dello Stato nei confronti delle mafie che vive di lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate. Non possiamo permettere che tutto questo si traduca in un messaggio pericoloso: cioè che la 109 è un bluff, uno specchietto per le allodole, nient’altro che un giocattolino per illudere gli onesti”.