Che quello conclusosi questa notte sarebbe stato un Festival di Sanremo estremamente alternativo lo sapevamo già quando la RAI confermò lo svolgimento della kermesse. Poi l’annuncio da parte del Ministro Dario Franceschini, avvenuto alle idi di febbraio, che il Festival si sarebbe dovuto attenere a tutte le attuali normative in materia di prevenzione alla diffusione del COVID-19: niente pubblico, nemmeno se composto da figuranti.
La legge deve essere uguale per tutti in pratica: così come avviene in tutta Italia, per tutti gli artisti, “the show must go on” ma senza pubblico.
Quasi un ossimoro onestamente, quando tutti lo sappiamo, anche se non siamo addetti ai lavori, che il vero spettacolo è il pubblico che si emoziona e gioisce delle gesta del proprio artista preferito. Ma insomma… così è la vita in questo momento.
Ieri sera, quasi mattina, intorno alle 02.35 si è conclusa la 71esima edizione del Festival di Sanremo, condotto da Amadeus e Fiorello, giunti al bis ma che già hanno annunciato che non ci sarà un TER. A vincere, i Måneskin, giovane gruppo salito alla ribalta dopo aver partecipato ad X FACTOR sotto la guida di Manuel Agnelli, che hanno travolto, infuocato, incendiato il Teatro Ariston con una tempesta di rock estremo, che se ai più è piaciuta, non a caso sono saliti sul gradino più alto del podio, ad altrettanti ha fatto storcere il naso.
Trasgressivi, innovativi, pronti a fare la rivoluzione, come hanno commentato gli stessi cantanti sul proprio profilo social nel post vittoria.
Ma siamo davvero pronti ad un Festival rivoluzionario? La storia della kermesse che ogni anno si svolge in Riviera Ligure parte da lontano, da una manifestazione che alle origini veniva trasmessa solamente in radio, perché la TV ancora non era entrata nelle case degli italiani.
Il Festival è stato sempre sinonimo di melodie armoniose, orecchiabili, a volte di “canzonetta da cantare già il mattino dopo sotto la doccia”, di brani radiofonici che anche il fan più stonato possa essere in grado di cantare senza vergognarsi di quanto non sia capace ad andare a tempo.
Da un paio di anni a questa parte invece, anche la lista dei big in gara, così come i tempi della società di oggi, sta cambiando: vediamo sempre più nutrita la colonia dei rapper, dei giovani talenti nati dal Network, delle band rock, ma mai fino ad oggi erano state in grado di imporsi in maniera così netta.
Ora, nell’Albo d’Oro del Festival, dopo i melodici, i big della musica con anni e anni di carriera, entrano anche loro, giovani, romani e tremendamente “casinari”. Musicalmente sono obiettivamente perfetti, estremamente preparati, completi. Di buono, oltre alla loro capacità artistica ovviamente, c’è che hanno saputo richiamare molti giovani davanti alla televisione per assistere alla kermesse. Ma rimarranno questi giovani? Si affezioneranno al Festival a tal punto di vederlo anche il prossimo anno? O torneranno ad ignorarlo come se nulla fosse?
I tanto ricercati giovani a cui far conoscere il Festival, avranno seguito con interesse la serata, o una volta esibitisi i propri idoli hanno optato per seguire altro? Ovvero, in parole povere, hanno seguito pure Orietta Berti, musicalmente l’opposto? Non lo sappiamo, però abbiamo captato alcuni commenti sui social degli utenti sui vincitori del Festival, con una larga fetta di pubblico che ovviamente li acclamava, ma un’altra che li commentava quasi inorriditi.
Forse si sono persi l’ultima esibizione di Achille Lauro, suggestiva come di suo solito, ma capace di sanguinare dal petto dopo una cinque giorni di travestimenti, look e quadri poco convenzionali, per i più, per un palco istituzionale come quello Sanremese. Giri di parole e considerazioni a parte, il Festival è comunque andato agli archivi.
Ascolti bassi, se paragonati allo scorso anno, dovuti a molteplici fattori, dalla stanchezza delle persone, dal sentimento di rivalsa, di follia verso un Festival che per molti non andava neanche fatto, per tantissime ragioni, ma fatto sta che i numeri stellari comunque non sono stati replicati.
Il prossimo come sarà? Chi lo sa, ci sarà da discutere, da reinventarsi ogni aspetto. Perché il prossimo Festival, si spera sia quello della rinascita, del ritorno alla normalità. Sarà un po’ come fosse una prima edizione e chissà, se il rock, quello bello duro come piace ai Måneskin, diverrà il melodico cantautorale di 71anni fa?