Persa la maggioranza, pure con sondaggi meno impietosi di quanto si fosse dovuto, per Virginia Raggi, tra meno di un mese sindaco in prorogatio, si aprirà una voragine la cui ricomposizione sarà ai limiti dell’impossibile. La piccola, presunta, parentopoli e amantopoli, mogli, cugine, segretari, colf, mariti e baristi di fiducia, promossi – o in proncinto di – in un postribolo, comunque ben remunerato, all’interno della macchina dei bottoni in questi ultimi giorni dell’impero, ci fanno tornare alla mente le feste in tunica senatoria di altre amministrazioni. Le maschere da maiale, essendo in quaresima e non in carnevale, per carità di patria, ce le hanno risparmiate. Cordialmente, ringraziamo.
Ma non è solo l’universo dei cinquestelle ad essere preda del caos. Il Pd, dopo l’avvicendamento Zingaretti-Letta, ha stoppato in modo clamoroso l’avanzata di Roberto Gualtieri, rimasto orfano della scrivania di Quintino Sella e ora alla spasmodica ricerca di un seggio (anche se alle suppletive lo aveva in realtà già avuto) dal quale tornare nella mischia. Lo stesso Zingaretti, ormai visibilmente esausto della sua duplice veste di esponente nazionale e commander-in-chief del Lazio, nonostante i “no grazie”, sembra invece il più serio indiziato per una corsa al Campidoglio. Calenda, dopo che ha contestato e insultato tutti i suoi potenziali alleati, sembra ormai ai margini. Ci si chiede come, con una strategia del genere, si possa pretendere appoggi. In questo caso, però, addio al patto col M5S. Se ne riparlerà, semmai al ballottaggio.
I grandi favoriti, i colonnelli del centrodestra, sono invece quelli in più grande ritardo. La candidatura di Bertolaso, alle prese con il filo più europeo della regione più europea d’Italia – ormai presunta tale – è ormai una stella in discesa. Qualcuno pungola la Meloni, che pure cinque anni fa fu vicinissima al ballottaggio, qualcun altro punta su un “homo novus”. Sgarbi è poco più di una provocazione, Gasparri ha già rifiutato. Un leghista è fuori questione. Bernaudo ci pensa e ci spera.
La verità è che il rinvio dell’appuntamento elettorale, più che dall’emergenza Covid-19, è invece frutto e supplica dell’intero panorama politico, incapace di elaborare programmi e strategie. E più lo status quo perdura, e più l’anello debole della catena, Virginia Raggi, richiesta di essere la favorita in mezzo alle macerie. Dei partiti in macerie.