Sono ormai trascorsi oltre cinquant’anni dall’istituzione delle regioni e ben centocinquant’anni dalla proclamazione di Roma come capitale d’Italia. È tempo di fare un pit stop e raccogliere il desiderio che da lustri la Città esprime: occupare la giusta collocazione in seno all’ordinamento istituzionale italiano, acquisendo una maggiore autonomia nell’esercizio di poteri e funzioni che le consentiranno di gestire il proprio patrimonio archeologico, storico e architettonico, distribuito nei circa 6.000 chilometri di strade, lungo una stratificazione temporale ininterrotta fatta di tremila anni di storia.
La città di Roma Capitale e la regione Lazio sono stati finora considerate un normale comune e una normale regione, nonostante la tanto declamata autonomia significhi, soprattutto nel caso romano, differenziazione e valorizzazione delle peculiarità dettate da non comuni dimensioni geografiche e da una unicità storiografica. Occorre, pertanto, dare avvio ad un processo, anche di ordine costituente, che consenta di rimuovere una uniformità tanto irragionevole, in quanto non tiene conto delle specificità territoriali e istituzionali di Roma.
Roma è la sede di organi costituzionali e delle delegazioni regionali, dello Stato della Città del Vaticano, di organismi delle Nazioni Unite come la FAO, delle rappresentanze diplomatiche presso il Governo italiano e la Santa Sede, oltre di quelle consolari, nonché delle principali accademie straniere d’arte e di cultura. L’estensione territoriale del comune, pari a quasi 1.287 chilometri quadrati, equivale alla somma delle circoscrizioni di Milano, Bologna, Torino, Genova, Napoli, Palermo, Catania, Firenze e Bari. Nel comune di Roma risiede la metà della popolazione del Lazio, che sale ai quattro quinti se si prende in considerazione l’intera provincia-città metropolitana, la più estesa e popolosa d’Italia; Roma ospita il 70% del patrimonio artistico italiano e il 30% di quello mondiale.
Come si vede, interessi locali e interessi nazionali si intrecciano inestricabilmente in un contesto senza eguali, la cui composizione non per caso è assegnata dalla Costituzione ad una legge parlamentare. L’articolo 114 Cost., al terzo comma, stabilisce che «Roma è la Capitale della Repubblica» e che «la legge dello Stato disciplina il suo ordinamento». La disposizione costituzionale esprime, contro ogni ragionevole dubbio, la necessità che Roma, in quanto capitale della Repubblica, disponga di un ordinamento speciale disciplinato con legge statale. L’art. 114 Cost. attribuisce, infatti, la qualifica di capitale della Repubblica a Roma «naturalisticamente intesa», senza identificarla con un preciso livello di governo (comune, città metropolitana, provincia o regione): si lascia così aperto lo spazio ad un ampio spettro di soluzioni e modelli, per delineare un regime giuridico adeguato ad una realtà assolutamente peculiare.
D’altronde le altre capitali europee ci fungono da monito.
I Greater London Authority Acts del 1999 e del 2007, nell’ambito della devolution realizzata nel Regno Unito, hanno eretto Londra ed il suo hinterland in un unico ente, la Greater London, titolare di tutte le funzioni di area vasta: trasporti, ambiente, pianificazione del territorio, sviluppo economico, polizia. Gli strumenti in suo possesso non sono soltanto di natura amministrativa ma anche normativa, per il tramite della adozione delle c.d. byelawsche si rivolgono a tutti coloro che risiedono, domiciliano o dimorano nel suo perimetro.
Analogamente, anche in un sistema accentrato come quello francese, si è istituita con la legge n. 597 del 2010 la Grand Paris, che tiene insieme Parigi e la circostante regione dell’Île-de-France. Scopo dichiarato del progetto è quello di conseguire un’elevata integrazione fra la capitale ed il distretto circostante, attraverso la gestione unitaria dei trasporti, delle politiche abitative, della sicurezza e delle infrastrutture.
In Germania, Berlino – caduto il Muro, tornata ad essere, dopo Bonn, la capitale federale – è strutturata come comune e Länder, prescrivendo la Costituzione un apposito procedimento derogatorio per consentirne l’accorpamento al confinante Länder di Brandeburgo, che ne sostanzia il naturale hinterland, al fine di garantire una gestione integrata, a livello amministrativo e legislativo, di tutta l’area metropolitana afferente alla capitale: il borgomastro di Berlino è sindaco e governatore ed esercita contemporaneamente i poteri amministrativi propri del capo del Comune e quelli legislativi spettanti al responsabile di un Länder.
Posiamo lo sguardo anche oltreoceano. Washington D.C. (District of Columbia) potrebbe diventare in tempi ragionevoli il 51esimo Stato americano. Il disegno di legge è stato approvato lo scorso 22 aprile, per la seconda volta nell’arco di un anno, dalla Camera dei rappresentanti (che, insieme al Senato federale, compone il Congresso). Il nome scelto per la 51esima stella americana è Washington D.C. (Douglass Commonwealth), in onore del Primo Presidente degli Stati Uniti (già preesistente) e del leader afroamericano abolizionista Frederick Douglass. Il dibattito passerà ora in Senato dove il cammino sarà senz’altro più ostico per la parità di seggi vinti dai Democratici e dai Repubblicani.
Nella Costituzione americana il District of Columbia è assegnato alla giurisdizione esclusiva del Congresso. Ai cittadini della capitale è stato concesso di esprimersi alle elezioni presidenziali solo nel 1961 e, soltanto nel 1973, la città di Washington inizia a eleggere anche un sindaco e un consiglio comunale, pur continuando a scontare il limite di non poter legiferare nelle medesime condizioni di autonomia concesse ad uno Stato, potendo il Parlamento federale rivedere e annullare le norme prodotte dal Distretto.
La legge in questione, denominata HR 51, è volta, quindi, ad attribuire la qualifica di “Stato” al territorio del District of Columbia, escludendone solo la ristretta area interessante la Casa Bianca e gli altri edifici governativi, con il conseguenziale ingresso di due nuovi grandi elettori come ogni altro Stato (presumibilmente in mano ai Democratici a causa della notoria tradizione liberal della capitale statunitense).