La crisi economica dovuta per la pandemia ha mandato in fumo 24 miliardi di euro nel sistema agroalimentare italiano, ma i fondi previsti nel Pnrr rappresentano un “budget portentoso” se si contano oltre ai 5,7 miliardi di euro destinati alle azioni squisitamente di settore anche i 23,78 miliardi dell’energia rinnovabile, i 15,22 dell’efficienza energetica e riqualificazione degli edifici e i 15.06 miliardi della tutela del territorio e della risorsa idrica, fondi che provvederanno alla salvaguardia dei territori deturpati dallo stato di abbandono e dalla cementificazione fuori legge. A fornire una fotografia dello stato di salute dell’agricoltura del nostro Paese è il senatore Gianpaolo Vallardi, Presidente della Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, in un’intervista a LabParlamento.
Presidente Vallardi, qual è lo stato di salute del sistema agroalimentare italiano alla luce della crisi economica per la pandemia?
Non buono. Anzi dire che “non buono” è un eufemismo. Sono ventiquattro i miliardi persi a causa della pandemia. I consumi alimentari domestici degli italiani, dovuti ai vari lockdown che abbiano vissuto, non sono riusciti a compensare le gravose perdite provocate dal fatto che gli italiani “non sono usciti” e non sono andati nei ristoranti, negli alberghi e in vacanza, né è stato consentito ai turisti di villeggiare in Italia. Una riduzione del settore eno-agroalimentare che segna il 10% in meno e che ci fa tornare indietro di dieci anni.
Molte produzioni alimentari hanno proprio nel consumo fuori casa uno dei punti di forza e, difatti, sono il 57% delle 730mila aziende agricole nazionali che hanno registrato una cospicua diminuzione dell’attività. Pensiamo anche al mercato vitivinicolo: le giacenze di vino per il suo mancato consumo nei locali sono aumentate del 10-11%, compromettendo inevitabilmente la prossima vendemmia. I danni, ingenti, non sono solo attuali, ma si riverbereranno nel futuro con un effetto ancora più dirompente se non si pongono rimendi da ora. Si sta così verificando un paradosso: sino a qualche mese fa al valore strategico della filiera del cibo non si è accompagnata una consapevolezza da parte del “Sistema Italia” …ma le cose stanno cambiando con il Governo Draghi.
Qual è il valore dell’intero sistema agroalimentare nel nostro Paese e in Europa?
Di grandissimo peso sia in Italia che nella zona UE. Con la “filiera allargata” l’agricoltura vale il 15% del Pil, ammontante ad un giro d’affari di 522 miliardi di euro che corrisponde al valore aggiunto di 31,3 miliardi di euro, ossia il più alto in Europa, davanti alla Francia con 30,2 miliardi di euro di valore aggiunto e la Spagna con 29,3 miliardi di euro. Un dato straordinario calcolando che la superficie agricola italiana è la metà di quella spagnola e francese. L’incidenza del settore dell’agricoltura e dell’industria alimentare sulla bio-economia è pari al 64%. A fronte di questi risultati l’agricoltura italiana riceve solo il 10,6% del totale delle risorse della Pac, pari a 5,7 miliardi di euro, posizionandosi al quarto posto dopo Francia, Spagna e Germania.
Il Pnrr può essere un’occasione per rilanciare l’agroalimentare? Quali sono i principali provvedimenti che vanno in questa direzione?
La Commissione agricoltura del Senato, che mi onoro di presiedere, si è fatta parta attiva affinché nel PNRR vi fosse un ampio capitolo che si occupasse di fornire risposte e soluzioni ai non pochi problemi che – come abbiamo visto – incidono su questo settore (aggravati in alcune zone del Veneto dalle recenti gelate).
Il budget agricolo è portentoso, se si aggiungono ai 5,7 miliardi di euro destinati alle azioni squisitamente di settore anche i 23,78 miliardi dell’energia rinnovabile, i 15,22 dell’efficienza energetica e riqualificazione degli edifici e i 15.06 miliardi della tutela del territorio e della risorsa idrica, fondi che provvederanno alla salvaguardia dei territori deturpati dallo stato di abbandono e dalla cementificazione fuori legge.
Al centro dell’azione prevista dal PNRR si colloca la filiera agroalimentare sostenibile, con aziende agricole più competitive ed ecosostenibili. I progetti di filiera contano su 4 miliardi di euro e, grazie ad essi, si attiveranno tutta una serie di contratti riguardanti l’olio, l’ortofrutta e lo stoccaggio dei cereali, oltre la zootecnia sostenibile. Ricostruire il Paese è la parola d’ordine facendo tesoro delle mancanze del passato. Investimenti per l’innovazione e la meccanizzazione, massima valorizzazione delle energie rinnovabili con stanziamenti pari a 3 miliardi di euro per lo sviluppo del biometano, dando così vita all’azienda agricola 4.0 capace di produrre e consumare combustibile all’interno dell’impresa.
Non solo: occorrono l’ampliamento del credito fiscale e la formazione alla digitalizzazione, la banda larga fondamentale per le aree rurali, la ricerca, motore fondamentale per l’agricoltura e i prodotti alimentari e, non ultima, la semplificazione, spina nel fianco dell’agricoltura. Gli imprenditori si trovano alle prese con montagne di scartoffie prodotte dalla burocrazia italiana ed europea e necessita, pertanto, una draconiana semplificazione che possa ridurre la farraginosità della amministrazione statale. Fondamentale per centrare gli obiettivi del PNRR è, dunque, una pubblica amministrazione al servizio degli operatori del mondo agricolo, che non sono affatto pochi! Ben un milione e 385mila lavoratori, pari al 5,5% degli occupati in Italia. A tale proposito il ricambio generazionale per favorire l’accesso ai giovani e alle imprese femminili sarà ineluttabile e il Recovery ne costituirà l’ossatura economica e finanziaria. Con le risorse che saranno messe a disposizione dal PNRR l’azienda agricola 4.0 non sarà più un miraggio, ma una realtà su tutto il territorio nazionale.
In Commissione Agricoltura del Senato, che Lei presiede, ha presentato un ddl per istituire la figura di agricoltore custode dell’ambiente e del territorio. Da cosa nasce questa proposta?
Da alcune legislazioni regionali – le Marche, l’Abruzzo e la Toscana – è originato il ddl che ho presentato in Senato e che è già all’esame della Commissione agricoltura. L’agricoltore è una figura centrale, non solo nel mondo dell’agricoltura, ma anche in quello ambientale e dell’ecosistema. La sua presenza costante e professionale all’interno dei territori ove lavora conduce inevitabilmente l’agricoltore ad essere il primo protagonista di tutte quelle azioni ed opere che possono prevenire i tanti eventi calamitosi che ogni anno, purtroppo, devastano le nostre montagne, le nostre campagne e i nostri centri urbani e rurali, con ingenti danni economici e, prima ancora, perdite di vite umane. Basta pensare agli incendi boschivi causati dalla mancata ripulitura del sottobosco e ai dissesti idrogeologici, generati dalla assenza dell’uomo nelle aree di montagna.
Il testo, chiaro e puntuale, prescrive che gli agricoltori che aderiscono ad appositi bandi pubblicati sui siti istituzionali delle regioni devono impegnarsi, nel doppio ruolo di agricoltori e di “custodi dell’ambiente e del territorio”, a svolgere opere di conservazione, protezione, manutenzione e prevenzione dei territori, a fronte di incentivi di vario genere. Chi più del contadino sa come prevenire i disastri che portano morte e distruzione in centri rurali ed urbani?