Tra il 2019 e il 2020 sono andati persi 144mila posti di lavoro tra coloro che avevano un contratto stabile e le giornate retribuite sono calate del 38%. Sono questi i dati emersi dall’ultima analisi dell’osservatorio dell’Ente bilaterale nazionale del turismo. La crisi ha colpito maggiormente le donne (183mila occupate in meno rispetto all’anno precedente), i giovani e gli stranieri: questi ultimi, infatti, hanno visto ridursi l’occupazione del 30% e le giornate lavorative del 40%. I lavoratori stagionali e a termine sono calati rispettivamente del 31,2% e il 40,4%, per un totale di poco più di 200mila dipendenti.
Per chi invece aveva un contratto a tempo indeterminato c’è stata una riduzione del 19%. “I dati negativi sull’andamento dell’occupazione nel turismo confermano l’ampiezza e la gravità dell’emergenza economica generata dalla pandemia. Una crisi senza precedenti”, così il presidente di Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, Lino Stoppani, sui dati diffusi dall’Ente bilaterale. La riduzione degli occupati, per la Federazione, si traduce in una mancanza di reddito per centinaia di migliaia di famiglie. Bisogna, quindi, mettere le imprese nelle condizioni per tornare a lavorare a pieno regime “riaprendo senza più alcuna restrizione e continuare con le misure di sostegno per accompagnarle fuori dalla crisi”, ha concluso Stoppani.
Anche il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, ha commentato i dati dell’Ente sottolineando che “questa emorragia di professionalità rischia di compromettere le capacità di ripresa del settore e di causare una crisi sociale profonda. Le misure adottate con il nuovo decreto sostegni vanno in questa direzione – ha concluso Bocca – ma serviranno ulteriori sforzi per raggiungere l’obiettivo del pieno rilancio del turismo”.