È capitato quasi a tutti, e – se a voi non è ancora successo – state sicuri che i prossimi in lista è probabile siate proprio voi. A far cosa? Semplice: incappare in qualcosa di strano, di veramente inaspettato…quasi assurdo, e poi andarlo a raccontare, facendo la figura dei creduloni, quando va bene dei sognatori. Spesso qualcosina di peggio.
Immaginate infatti di intravedere, durante un viaggio, un animale mostruoso, mai visto. Gigantesco, o stranissimo, oppure che tutti dichiarano estinto. Il vostro racconto, al ritorno, sarebbe molto simile a quello di chi racconta, in stile Mondo Perduto, di essere incappato in un dinosauro redivivo. Ebbene, a molti questo è successo davvero, e non si trattava di pazzi o di visionari: avevano visto bene, eccome!
Si tratta delle storie come quella del capitano Bouyer, che in rotta verso la Guyana incontra un essere che pare uscito pari pari da un bestiario medievale: infiniti tentacoli, proporzioni mostruose, occhi enormi e orrendi. Non lo sa, ma ha appena osservato un calamaro gigante e, quando lo racconterà, farà la fine descritta più sopra: nessuno riesce a credere che abbia davvero visto una simile creatura.
Oggi, secoli dopo, il mondo della criptozoologia (la disciplina che ricerca gli animali misteriosi e sconosciuti) si rimpalla con la scienza ufficiale ipotesi e scoperte, tesi audaci e millanterie alla “Mostro di Lochness”, continuando a dimostrare come l’interesse verso le forme di vita ritenute fantastiche non si sia in realtà mai spento neanche nei nostri anni tecnologici. Dal riemergere di bestie ritenute estinte (l’ormai proverbiale celacanto, pesce preistorico sopravvissuto alle ere) fino al timido mostrarsi di esseri cui solo il folklore ha dato nome, il volume di Fabio Genovesi ripercorre una storia fatta di esplorazioni esotiche, illusioni quasi vere, viaggi scientifici e racconti popolari, che ci svela come appena oltre la porta di quella casa che crediamo di conoscere bene, il Fantastico e il Meraviglioso regnino ancora, e talvolta sposino davvero il Reale.
Se però fin qua avete creduto che si stesse parlando di un saggio, siete caduti in un miraggio: “Il calamaro gigante” è soprattutto un romanzo, una immersione figurata e non nel mare, quello psichico dei ricordi d’infanzia e quello concreto e amato della Versilia, di Forte dei Marmi, vero centro ideale della narrazione di Genovesi. Un libro ibrido, insomma, come le creature mitologiche che lo popolano, ambivalente come la memoria – sempre rimaneggiata e rimaneggiabile – da cui nasce, un rompicapo senza vera risposta. Proprio come il rapporto fra Uomo e Natura, di cui in fondo la discesa negli abissi del mare è metafora. Ah, il mare!