“Con la sentenza n. 80/2021 della Corte Costituzionale in materia di ripiano del Fondo anticipazioni di liquidità, oltre 1.000 Comuni italiani in dissesto o predissesto finanziario, rischiano di finire dalla padella alla brace. E a pagarne pesantemente le conseguenze saranno famiglie, cittadini e imprese”. È l’allarme lanciato da Pietro Manna, da anni impegnato ‘sul campo’ della finanza locale, prima in veste di Dirigente Generale del Dipartimento al Bilancio della Regione Calabria e, successivamente, come Segretario Generale di importanti Amministrazioni comunali, in un’intervista esclusiva per LabParlamento.
Come valuta l’iniziativa del Governo con il DL Sostegni-bis per neutralizzare gli effetti della decisione della Consulta sui bilanci degli Enti locali in difficoltà finanziaria?
“Occorre premettere che la sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2021 ha complicato un quadro già di per sé critico. Il venir meno dell’opportunità di spalmare, su un lungo arco temporale, i debiti degli Enti locali in deficit, infatti, condiziona direttamente la possibilità di una programmazione locale mirata a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Uno scenario che si è tentato di scongiurare attraverso il decreto Sostegni-bis con cui il Governo, per come comunicato dal Ministero dell’Interno il 27 luglio, ha stanziato 660 milioni di euro per il ripiano dei disavanzi negli Enti locali”.
E dunque?
“Se da una parte il dl Sostegni-bis offre un primo segnale, ammettendo la possibilità di riassorbire in dieci anni i disavanzi generati dalla corretta costituzione del Fondo anticipazioni liquidità, dall’altra la decisione di limitare il contributo esclusivamente ai casi in cui il rapporto fra disavanzo ed entrate correnti supera il 10%, impedisce tuttavia a moltissimi Comuni in difficoltà di fruire realmente del beneficio. Serve perciò uno sforzo ulteriore da parte del Governo. Inoltre, occorre una riflessione più approfondita e prospettica, affrontando il tema dei meccanismi che incidono sulla formazione dei disavanzi, ad iniziare dalla misura degli accantonamenti obbligatori che ha reso asfittici i bilanci degli Enti locali”.
Lei ha appena parlato di un quadro drammatico alimentato dalla sentenza della Corte Costituzionale, può essere più esplicito?
“Certo. In Italia, secondo una recente ricerca del Centro Studi Enti locali, un Comune su otto è in condizione di dissesto o predissesto, senza contare centinaia di Enti locali che versano sostanzialmente in situazioni di questo tipo, mascherando o differendo nel tempo il problema. Siamo sull’orlo di un default collettivo locale, con vittime i cittadini, le imprese e gli amministratori locali. I tagli sui trasferimenti erariali ai Comuni costringono i sindaci a tagliare i servizi ai cittadini, innescando una guerra fra poveri che obbliga a scelte impopolari per mantenere in piedi le casse comunali. In tale contesto, l’unica possibilità per il governo locale di garantire i servizi essenziali resta quella della leva fiscale, con un impatto dei tributi locali sulle famiglie uguale ai colpi di proiettile sulla Croce Rossa”.
Eppure, appare difficile immaginare soluzioni intervenendo sul debito e sulla spesa, senza affrontare il tema delle entrate locali. Non crede?
“Ne sono assolutamente consapevole. Proposi il tema delle entrate in tempi non sospetti, quando intervenimmo sull’equilibrio finanziario della Regione Calabria in sede di prima applicazione del Patto di Stabilità. Era un tema esorcizzato dalla politica, timorosa di smarrire compiacenza dai corpi elettorali. Lavorammo a fondo sul rapporto fra entrate e restituzione di una parte del gettito tributario sotto forma di servizi. In questa direzione, il Recovery Fund offre una leva per alimentare meccanismi virtuosi in grado di far funzionare al meglio questo rapporto. Un sistema che, oggi più che mai, può funzionare al meglio dopo che l’emergenza sanitaria ha inciso favorevolmente sulla percezione popolare del ruolo dei sindaci rispetto alle esigenze concrete delle comunità locali”.
A proposito di sindaci, sembra oramai certa una indicazione di Fratelli d’Italia sul suo nome quale candidato a primo cittadino della città di Cosenza. Conferma l’indiscrezione?
“Per la verità si tratta di qualcosa di più di una semplice indiscrezione. Esponenti di primo piano regionali, amministratori e dirigenti locali di Fratelli d’Italia hanno, in più occasioni, fatto il mio nome per rappresentare autorevolmente un progetto per lo sviluppo di Cosenza, condiviso con l’intera area del centrodestra allargata all’associazionismo pulsante della Città dei Bruzi. Non le nascondo, per la trasparenza che da sempre contraddistingue il mio agire professionale e politico, che ho offerto la mia disponibilità desideroso di proseguire, con piglio ulteriormente innovativo, il lavoro compiuto in questi anni dal centrodestra nella mia città.
Le confesso anche che, non appena il mio nome ha cominciato a circolare insistentemente, ho ricevuto manifestazioni di affetto, entusiasmo e tanta voglia di partecipazione attiva dei cosentini. In molti mi hanno manifestato la concreta intenzione di rafforzare un programma consapevole per Cosenza. Idee e proposte realmente ‘cantierabili’ non mancano di certo, così come l’esperienza nel mondo degli Enti locali che sarà senz’altro utile per mettere in campo azioni, proposte e interventi funzionali al sistema economico e sociale cosentino”.