di Dimitri Deliolanes
La Grecia è un paese distrutto. Non da ieri ma dal decennio passato, da quando la famigerata troika (FMI, BCE e Consiglio Europeo) ha imposto i suoi fallimentari “piani di salvataggio”. Che hanno certo salvato qualcosa, ma non il paese in bancarotta bensì le banche che astutamente avevano imbottito il loro portafogli con titoli greci, a rendimenti altissimi.
Ufficialmente la Grecia è uscita dalla crisi nel 2018. Ma la verità è che persiste il controllo dell’eurozona: bisogna tenere un surplus primario almeno del 3,5% fino al 2025 e poi del 2,5%. Ma il paese uscito dalla crisi è un paese distrutto. Il debito estero è alle stelle, la disoccupazione supera il 15% e quella giovanile addirittura il 40%. Con il Covid19 il PIL è crollato ed ora sono arrivati gli incendi a dare un nuovo colpo alla produzione agricola ma soprattutto al turismo, che da solo rappresenta più del 20% dell’economia.
Quello che è stato maggiormente distrutto è il buon senso dei greci. Dopo aver tentato tutti i modi per resistere alla ferocia dell’eurozona, con governi di destra, di sinistra e tecnocratici, il greco è oramai un essere scoraggiato, deluso, convinto che l’unica cosa che conti sia il denaro. Tutto il resto, cultura, natura, arte, non conta se non porta soldi.
E’ questa la logica che nel 2019 ha portato Kyriakos Mitsotakis al potere. Mitsotakis è discendente di una nota famiglia politica del paese, ma non è un politico. E’ un economista convinto ultraliberista che si è formato nelle università americane. Il suo governo è formato da collaboratori di sicura fede ma di scarsa capacità.
Il suo obiettivo dichiarato è adeguare la Grecia alle esigenze dell’ideologia neoliberista che domina nell’eurozona: privatizazioni, Borsa, distruzione di quel poco di stato sociale che è riuscito a sopravvivere. Attualmente è in discussione in Parlamento un progetto legge governativo che prevede di indirizzare verso la Borsa di Atene tutte le pensioni complementari.
Ricordando che già alla fine del secolo scorso la Borsa di Atene fu protagonista di un enorme scandalo, con una bolla distruttiva che portò nelle tasche di pochi furbi qualche miliardo di dracme di incauti risparmiatori, si comprende perché ora sarà garantita per legge l’immunità civile e penale per gli operatori di Borsa. La stessa immunità è stata già garantita ai banchieri, con cancellazione obbligatoria dei debiti contratti da una eletta schiera di imprenditori.
Si tratta per lo più degli armatori che controllano le televisioni pubbliche, tutte schierate in favore del governo. Ma anche i due maggiori partiti che anno governato nell’ultimo mezzo secolo, i conservatori di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok, sono fortemente indebitati verso le banche. Non resta che una nuova ricapitalizzazione ai danni dell’erario pubblico.
Senza questa premessa è difficile comprendere l’immane tragedia che sta colpendo il Paese, con centinaia di migliaia di foreste e centinaia di paesi distrutti dal fuoco. Si è dimostrato che, malgrado le assicurazioni, in vista dell’estate il governo greco non ha minimamente pensato alla prevenzione antincendio. I contratti a termine di 1.500 vigili del fuoco non sono stati rinnovati e nessun nuovo mezzo aereo è stato acquistato. La Guardia Forestale è stata abolita. La maggior parte dei soldi sono andati alla polizia, indispensabile per sopire con il manganello qualsiasi protesta.
L’incendio ha sorpreso Mitsotakis mentre faceva i suoi meritati bagni al mare di Creta. Lo fa ogni fine settimana, qualsiasi cosa succeda. Ci ha impiegato tre giorni per capire le dimensioni del disastro. Ma anche una volta tornato ad Atene, non si può dire che la distruzione di buona parte del paese lo abbia allarmato più di tanto. La sua reazione è stata solo a livello comunicativo: ha dato indicazione ai vigili del fuoco di evacuare gli abitanti per evitare vittime, che l’opposizione avrebbe potuto usare come armi di polemica.
Per ben quattro giorni poliziotti e vigili del fuoco si sono così prodigati a sgomberare case e botteghe, indifferenti verso le fiamme che distruggevano tutto quello che incontravano. Nel suo unico finora messaggio TV Mitsotakis ha assicurato che “le case saranno ricostruite e gli alberi ricresceranno”. Ora che mezzo milione di ettari è andato in fumo e il nord dell’Eubea, la seconda isola più grande del Paese, è una macchia annerita, si è capito che il costo umano di questa strategia supera ogni previsione.
Le migliaia di cittadini colpiti si chiedono chi farà ricrescere ulivi secolari, chi ricostruirà abitazioni in cenere e botteghe distrutte. Cresce quindi la disperazione e la rabbia, che trova sfogo in un grido che sta attraversando il paese: “Mitsotakis fottiti!”.
Avendo il monopolio dell’informazione, il governo non si è preoccupato neanche di garantire l’evacuazione gratuita dei paesani di Eubea, facendo loro pagare il biglietto del traghetto. Ma l’onda dell’indignazione ben presto ha superato il muro della censura e, amplificate da numerosi sindaci, anche del partito di governo, le grida di protesta sono state sentite da alcune emittenti. Per rivalsa, una di loro, Open TV, ha visto la sua troupe venire aggredita da una squadraccia di teppisti di fronte ai poliziotti inermi.
Nel momento in cui scriviamo il fronte del fuoco che minacciava la Capitale sembra contenuto, grazie anche all’aiuto dei pompieri stranieri. Ma in Eubea tutti hanno potuto vedere in diretta giovani e anziani difendere disperatamente i loro paesini con i tubi da innaffiare, senza la presenza di neanche un pompiere. Immagini che provocano rabbia e disperazione.
E la rabbia cresce quando di viene a sapere che già prima dell’incendio il governo aveva fatto approvare la libera collocazione di pale eoliche nelle zone distrutte dal fuoco. E già in Eubea sono stati segnalati gruppi di operatori della società energetica Terna che misuravano il terreno. Il fatto poi che la Terna appartenga alla famiglia di uno stretto collaboratore del premier non ha certo placato gli animi.
Come ne uscirà il paese da questa catastrofe? Più distrutto di prima. Con un debito enorme, con un’economia ridotta e migliaia di nuovi poveri. Come ne uscirà il governo greco è un altro discorso. Mitsotakis si sente al sicuro trincerato dietro alla muraglia di censura dell’informazione che lo protegge. Ma anche la grande muraglia cinese a un certo punto è crollata di fronte ai mongoli.