L’ennesimo femminicidio, sono 65 da inizio anno, una gran parte ad opera di partner o comunque persone conosciute dalla vittima. Il “Codice Rosso” (L. 69/2019) ha introdotto nuove sanzioni ed un percorso separato e privilegiato per la repressione dei reati contro le donne, introducendo nuovi reati, aumentando le pene di quelli esistenti, introducendo misure preventive, fra cui il divieto di avvicinamento da parte del molestatore.
L’impatto della legge è stato sicuramente efficace, ma si è rilevato ancora non in grado di fermare la mano dei più vigliacchi, quelli che disprezzano la vita e, spiace come uomo anche solo dirlo, le donne.
Mentre ci riempiamo la bocca con dichiarazioni a favore delle donne afghane vittime di una strumentale interpretazione medievale dell’Islam, spesso ci dimentichiamo della porta accanto e della vicina vessata dal compagno o dal fidanzato. Questo non è più ammissibile.
Nella quasi totalità dei casi di femminicidio l’evento giunge a seguito di molteplici percosse, intimidazioni e minacce, spesso inutilmente segnalate dalle vittime. Il “Codice Rosso” ha reso più celeri le procedure, ma a volte la burocrazia investigativa ed i tempi processuali rendono le misure preventive e cautelari insufficienti.
In realtà, non esiste al momento nessuna legge penale in grado di reprimere totalmente questa vergogna, ma molto può e deve fare la collettività. Ogni uomo è figlio, marito, padre e fratello di una donna, quello che accade è colpa anche degli uomini, di tutti gli uomini e dei luoghi comuni del pensiero maschile, retaggio di un analfabetismo nei rapporti con l’altra metà del cielo.
Un falso senso del pudore consente la circolazione di una pornografia in cui la donna, per ben che vada è un oggetto sessuale, un messaggio che le menti più condizionabili interpretano come un’equazione perfetta donna eguale pornoattrice, donna eguale oggetto sessuale.
Non è un problema di politicamente corretto, occorre liberare la nostra cultura da falsi pudori, puntare ad una consapevolezza della parità tra i generi che deve partire dalla educazione sessuale scolastica fin dalla tenerissima età. Nelle culture del nord Europa è normale la nudità in saune miste che non significa mai altro che una sauna.
Un uomo educato ad una sessualità consapevole non riterrà mai la partner o l’amica o semplicemente una donna un soggetto condizionabile, assoggettabile, una vittima da sottomettere. Contro anni di negazione di un’educazione sessuale fattiva e l’emancipazione femminile, in primo luogo culturale, hanno lasciato il maschio all’angolo seduto sull’errata convinzione di privilegi immeritati nei rapporti uomo – donna.
E ora di cambiare, l’ammiccamento, il complimento mieloso, la critica di un look più aggressivo di una signora come sillogismo di preda sessuale sono pochezze che sommate fanno la stupidità di un certo modo di essere uomo che resiste nei più e che va represso senza se e senza ma, anche con sanzioni che possono apparire eccessive.
Certo il “Codice Rosso” è perfettibile, nel rispetto della Costituzione, necessita di un rito penale nuovo più diretto, siamo nel 2021, le distanze non esistono più e gli strumenti digitali possono essere utilizzati in modo distorto, ad esempio il revenge porn, il Codice penale vigente rimaneggiato ed il codice di rito sono tremendamente lenti. Le forze dell’ordine devono essere messe in grado di intervenire, bloccando le capacità finanziarie, limitando la libertà di movimento e la stessa libertà personale di chi si rende responsabile delle condotte censurate dalla legge, la patria potestà sui minori di un padre violento deve poter essere sospesa in tempo reale.
Chi si macchia dei reati da “Codice Rosso” deve essere legalmente paralizzato ed imbavagliato, messo in condizione di non nuocere a livello psicologico, fisico e digitale. Troppi i casi di ordinaria burocrazia processuale che hanno lasciato il reo in grado di nuocere, occorre reagire perché i femminicidi devono finire.
Alle vittime deve essere garantito immediatamente un trasferimento in una sede protetta, tutela del posto di lavoro, supporto materiale e psicologico, ancor più in presenza di minori che devono poter continuare la scuola e la normale vita di relazione. Non è la vittima a dover subire limitazioni ma l’autore dei reati.
L’intervento legislativo può e deve essere esteso ad una riforma del diritto di famiglia, eliminando ogni lungaggine – primo fra tutti l’inutile duplicazione tra separazione e divorzio – nelle pieghe dei rinvii processuali spesso si consumano le tragedie.
Insomma, “Eva” non deve più soffrire per il suo essere donna e deve poter liberamente autodeterminarsi e seguire ogni inclinazione, culturale, sportiva e lavorativa e soprattutto essere libera affettivamente. La collettività deve reprimere ed isolare coloro che ritengono di tiranneggiare una donna fino ad ergersi in seviziatori della libertà femminile.
Una parola volgare, uno schiaffo, la denigrazione, lo scherno devono trovare immediata censura e conseguente repressione per impedire che muoia un’altra donna. Chi si macchia delle condotte più gravi tra quelle elencate nel “Codice Rosso” deve essere processato per direttissima e mai a piede libero. Ogni limitazione della libertà trova, del resto, giustificazione nell’integrità fisica e psicologica della vittima e nella tutela del bene sacro della vita.
La sollecitazione al legislatore che viene dalla società è quella di far presto e riportare l’Italia tra le civiltà più evolute, perché, per esempio, Saman Abbas non è scomparsa in Pakistan ma nella civilissima campagna di Reggio Emilia ed i servizi sociali sapevano del suo disagio e delle pressioni familiari.
Non c’erano Taliban e non vigeva alcuna assurda interpretazione distorta della Sharia, eppure Saman ha avuto in Italia la stessa sorte che oggi temiamo per le donne afghane. Spesso le donne sono fantasmi nella quotidianità e non è necessario un burqa per farle sparire, a volte basta l’insensibilità della società verso il disagio femminile.
Saman voleva essere una donna, una sposa, una madre, costruendo la sua vita secondo i propri liberi sentimenti con il compagno che il cuore le aveva indicato, forse è morta da sola e per mano di congiunti che non rispettavamo la sua libertà di autodeterminazione, il nostro sistema non ha impedito questo, ecco perché occorre andare oltre il “Codice Rosso” che è solo un passo sulla strada lunga dell’effettiva parità tra i generi.