Le pareti della città di Milano sono tappezzate in questi giorni da ambigue immagini di elementi naturali con un chiaro riferimento alla sessualità. Una trovata pubblicitaria del colosso americano Netflix lanciata in occasione della campagna promozionale della serie “Sex Education”.
Un’iniziativa che dalle nostre parti non poteva non fare scalpore, generando da subito un vespaio di polemiche. Ma andiamo con ordine. La campagna, da un punto di vista mediatico, è costruita su un primo paradosso: l’educazione sessuale, che per definizione dovrebbe mirare ad una forma di consapevolezza, genera invece scandalo.
L’idea elaborata dai maghi del marketing di Netflix, però, è geniale: hanno sfruttato con gran successo il tabù della sessualità per promuovere un prodotto che in pochi attimi è finito sulla bocca di tutti, in primo luogo la politica con Fratelli d’Italia, Pro Vita e Milano Radicale.
Il vero scandalo però non è l’ostrica dalla particolare forma genitale, ma l’aver dato voce ad un tabù che è stato il vero appiglio pubblicitario.
Tabù è una parola di origine polinesiana (tapu) che esprime qualcosa di sacro e proibito: è quindi una forte proibizione volta ad una certa area considerata come tale.
Infrangere un tabù è, appunto, un sacrilegio che provoca grande sdegno e vergogna. Il tabù porta una netta distinzione tra ciò che è sacro e ciò che non lo è. Nell’opera “Totem e Tabù” Freud pone l’accento sull’origine immotivata dei tabù, che derivano da proibizioni antichissime tramandate da una generazione all’altra sedimentandosi come patrimonio psichico ereditario e sulla solo ambivalenza.
Se nelle antiche società infrangere un tabù comportava una punizione divina, oggi la punizione è data da chi ci circonda. Ma tentare di non infrangere un tabù è impossibile, specie quello della sessualità, poiché nella nostra società questo tema da trattare è proibito e allo stesso tempo obbligatoriamente da affrontare.
Una forma di pudore (o perbenismo) ci impedisce di parlare di qualunque aspetto sessuale nonostante siamo circondati da infiniti stimoli di questa natura: in famiglia non se ne parla (o spesso non se ne può parlare) ma senza la famiglia non ci sarebbe. Ecco, quindi, che non dobbiamo mostrare niente ma una pubblicità con un contenuto sessuale implicito diventa lo strumento più efficace.
Direbbe il famoso psicoanalista che noi vogliamo la sessualità (su cui tra l’altro ha incentrato la sua teoria) ma che non lo ammettiamo consapevolmente e quindi la parte rimossa di questa ambivalenza che permea il tabù viene proiettata altrove, in questo caso sul totem “pubblicità di Netflix” che da un punto di vista di marketing è certamente un messaggio azzeccato.
Per far apprezzare ancor di più l’attualità di un saggio scritto circa un secolo fa (1915) possiamo concludere dicendo che la presa di coscienza aiuterebbe l’elaborazione del lutto dei tabù originali, andando a modificare la coscienza morale macchiata dal senso di colpa per aver infranto tali tabù.
Favorire una consapevolezza attraverso l’educazione sessuale significa dare coordinate altre da quelle colpevolizzanti e proibite, attribuendo il giusto significato di cui in realtà si fa carico la sessualità: il coinvolgimento passionale di un atto d’amore.