Disastro destra. I risultati dei ballottaggi delle amministrative nelle grandi città, Roma e Torino su tutte, Milano era già andata al primo turno, non lasciano dubbi. Presa solo Trieste.
Colpa dell’astensionismo, si dirà, altissimo. Solo un elettore su tre si è recato alle urne. Un calo fisiologico quello dei ballottaggi, che sottratto al numero di votanti già esiguo del primo turno, fa registrare una percentuale imbarazzante. E quando l’astensione è alta a pagare il prezzo più alto sono sempre i candidati di centrodestra. Una consuetudine che non è stata smentita nemmeno stavolta.
E non è servita a nulla l’indignazione per la mobilitazione della piazza rossa indetta dalla CGIL nel giorno del silenzio elettorale dopo l’aggressione alla sede romana di dieci giorni fa. E non è servita a nulla la retromarcia sul Fascismo della leader di Fratelli d’Italia dopo il servizio di Fanpage. Forse addirittura un boomerang. Perché chi vota a destra, vuole votare la destra. Quella vera. Per i papocchi ci si rivolge altrove.
Ha vinto il “non voto”. O almeno questa sarà la narrazione dei leader dei partiti della coalizione di centrodestra, o di quel che ne resta dopo questa tornata elettorale.
Ma a Roma, voto o non voto, vince Roberto Gualtieri, altro che astensionismo.
Truppe cammellate o meno, Roberto Gualtieri sarà il sindaco di Roma per i prossimi cinque anni. Le chiacchiere stanno a zero.
E la bocciatura di Enrico Michetti è veramente solo il risultato del fuggi fuggi dalle urne? O c’è dell’altro? I romani si aspettavano altro dai partiti? Chi vota a destra, dicevamo, vuole votare a destra, e magari sperava di poter votare qualcuno di destra. E poi questa ostinazione nel presentare candidati civici nelle grandi città non paga. E si sapeva.
Una candidatura, quella di Michetti, voluta fortemente dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Arrivata tardi e ingoiata dagli alleati, che si sono comunque spesi per Michetti senza risparmiarsi, come un boccone amaro. Ora, a bocce ferme, a urne chiuse e a sindaco fatto possiamo dire che era una candidatura sbagliata? E che i mal di pancia degli “alleati”, se ancora possiamo chiamarli così, andavano ascoltati?
E quei “sussurri carbonari” a destra, di cui parlammo in tempi non sospetti, che hanno portato a Carlo Calenda ben 220mila voti e la sua lista ad essere la prima in Campidoglio, la dicono lunga.
Perché se è vero che i romani di destra non sono andati a votare, neanche mossi dallo spirito identitario per contrastare la prepotenza e l’arroganza della piazza rossa, sarà bene che qualcuno si interroghi perché.
Da “Michetti chi?” a “Michetti chi ce l’ha messo?”. Ora qualcuno dovrà rispondere. Perché se si è primi nei sondaggi nazionali, le elezioni poi bisogna vincerle, altrimenti è fuffa.
Perché passi perdere Milano o Torino, ma perdere Roma, feudo della storica destra romana, brucia assai.