FAMAG è l’acronimo che identifica Facebook, Apple, Microsoft, Amazon e Google, ovvero le big 5 statunitensi che per capacità patrimoniale sono in competizione con Giappone e Germania, cioè con la terza e quarta potenza mondiale a livello economico. Basterebbe questo per trarne le conseguenze di uno squilibrio evidente a livello globale.
Tanto potere economico al di fuori del controllo governativo, anzi in competizione con questo, è già un’anomalia, ma diventa un’ingiustizia nel momento che si afferma un accordo globale che garantirà a questi mostri economici una tassazione minima globale non superiore al 15% e regimi fiscali privilegiati.
Ora è chiaro il 15% è molto di più del niente che spesso pagavano questi colossi e che hanno permesso alle big five statunitensi ed altre di consolidare posizioni di monopolio, scalfite solo episodicamente da interventi di qualche giudice in giro per il mondo.
Il tema è chiaro: il potere economico è stato sempre il carburante del potere politico, ora che le multinazionali sono patrimonialmente autonome e più ricche degli stati in cui operano non è difficile prevedere un progressivo trasferimento delle prerogative statali alle stesse multinazionali.
I film di fantascienza ci prospettano un futuro in cui saranno le stesse multinazionali a regolare la vita degli abitanti del pianeta, da cittadino a consumatore – dipendente – suddito il passo è breve ed in parte è stato già fatto.
La pandemia ci ha restituito la sudditanza dei governi alle big Pharma con contratti criptati, coperti da segreto ed esibiti agli stessi parlamentari europei con intere pagine di omissis. Ciò significa che siamo ben oltre il concetto di legalità e trasparenza. Un Far West in cui vige la legge del più forte, meglio, del più ricco.
La scelta estrema del liberismo globale sta generando l’arretramento economico degli stati sovrani, sempre più ridotti a meri esattori di tasse per servizi pubblici erogati in appalto o in concessione da privati in una giungla selvaggia in cui il residuo potere di controllo degli stessi stati nazionali è spesso fiaccato da contingenze pericolose con il profitto a tutto vantaggio del profitto del privato.
Se un privato o più privati possono contare su liquidità superiore a quella della maggioranza degli stati sovrani si palesa all’orizzonte un nuovo medioevo in cui c’è un capo (la multinazionale) e pletore di servi della gleba sotto il controllo di vassalli, valvassori e valvassini tutti rigidamente legali alla multinazionale.
L’accordo OCSE sbandierato in questi giorni non è affatto una vittoria, semmai un patteggiamento al ribasso, ingiustificabile davanti all’imprenditore comune, costretto, come ad esempio in Italia, ad una tassazione reale pari se non superiore al 50%.
Nè i correttivi su aliquote di fatturato restituiranno equità a questo ingiusto privilegio fiscale di chi è già ricco e lo diventerà ancora di più nella perfetta legalità di un accordo internazionale. Le multinazionali, oggi non hanno più necessità di attività di lobbying, perché il condizionamento sulle leggi e le politiche nazionali passa per il potere economico e per lo scambio che solo le multinazionali posso proporre ai governi.
Era così anche in passato, ma adesso la bilancia pende fortemente a favore delle multinazionali. Un formidabile travaso di ricchezza si sta attuando dai singoli cittadini consumatori verso le multinazionali al netto di tasse e a brevissimo la ricchezza sarà solo nelle mani di poche potentissime multinazionali.
Già oggi, ad esempio nell’esplorazione dello spazio, le multinazionali competono con gli stati asiatici nei vettori di lancio di satelliti e navicelle e, quando se lo spazio extraterrestre diventerà sfruttabile saranno le multinazionali ad accaparrarsi ogni vantaggio economico.
L’attuale saccheggio delle risorse planetarie, intanto, continuerà con una tassa al 15% ingiusta per i cittadini chiamati a pagare aliquote di tasse ben più alte.