Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco è intervenuto alla 97ª Giornata Mondiale del Risparmio, dedicata a “Risparmio privato e risorse europee per la ripartenza del Paese”, organizzata a Roma dall’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa (ACRI).
Gli argomenti affrontati dal Governatore sono stati: il rientro dalla Pandemia, l’eredità dei precedenti episodi di crisi, il risparmio delle famiglie, il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese, il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), il debito pubblico e la crescita.
Di seguito alcuni estratti dell’intervento del governatore di Bankitalia:
Le politiche economiche attuate da marzo dello scorso anno dal Governo, dall’Eurosistema e dall’Unione europea hanno consentito all’Italia di contrastare con ampi mezzi la gravissima recessione causata dalla pandemia e senza ripercussioni sui costi di finanziamento, nonostante i limitati spazi di bilancio disponibili alla vigilia della crisi.
Tali misure, tuttavia, hanno potuto solo in parte frenare la caduta dei consumi, degli investimenti e della produzione, connessa anche con le restrizioni alla mobilità introdotte per contenere i contagi. Questi andamenti si sono così riflessi in una forte crescita del risparmio (dallo scoppio della pandemia i depositi di famiglie e imprese presso le banche sono aumentati di oltre 200 miliardi), anche se eterogenea e concentrata nelle famiglie meno colpite, a fronte di un consistente aumento del debito pubblico, salito nel 2020 dal 135 al 156% del PIL.
Rispetto alla media europea le famiglie italiane investono in misura minore la loro ricchezza finanziaria in fondi pensione (il 3% contro il 10), allocandone invece una quota maggiore in fondi comuni e in “azioni e partecipazioni” (rispettivamente il 15% contro il 10 e il 21 per cento contro il 18).
Nel corso di quest’anno l’attività produttiva è ripresa a ritmi più elevati di quanto atteso. Nel 2021 la crescita del prodotto dovrebbe collocarsi attorno al 6%; il rapporto tra il debito pubblico e il PIL si ridurrebbe già quest’anno, con un netto miglioramento rispetto alle previsioni formulate solo pochi mesi fa.
Si tratta di sviluppi che inducono a un cauto ottimismo sulla velocità di uscita dalla crisi e che prefigurano un rapido recupero dei livelli di attività pre-pandemici. Sono emerse inoltre, anche nell’area dell’euro oltre che nel Regno Unito, difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime e di beni intermedi, in parte dovute proprio alla rapidità della ripresa, con forti aumenti nei prezzi dell’energia, in particolare del gas.
Nei prossimi anni, fino al 2026, gli investimenti nel nostro paese potranno beneficiare dei fondi del programma Next Generation EU (NGEU), che richiede l’attuazione di riforme e investimenti in grado di mettere le basi per rilanciare lo sviluppo e affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico e dalla rivoluzione digitale.
All’Italia sono stati assegnati 205 miliardi: ai 191,5 miliardi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza– la componente principale del programma NGEU – si sommano 13,5 miliardi del programma REACT-EU. Si tratta di un quarto degli 807 miliardi stanziati complessivamente dall’Unione europea (750 miliardi ai prezzi del 2018); la quota italiana dei fondi effettivamente impegnati potrebbe essere perfino più elevata dato che non tutti i paesi hanno finora manifestato l’intenzione di utilizzare pienamente i prestiti loro erogabili.
Il Piano sosterrà la ripresa nel breve termine, ma il suo successo si misurerà dalla capacità di affrontare i nodi strutturali che frenano la crescita e di mobilitare le risorse private che da troppo tempo stentano a trovare impiego nel nostro sistema produttivo.
Gli interventi sulle infrastrutture materiali e immateriali, insieme con l’ambizioso programma di riforme che il Paese si è impegnato a realizzare, possono ampliare le opportunità d’investimento privato, accrescendo l’efficienza e la redditività del capitale.
L’efficace esecuzione del Piano potrà alimentare la fiducia delle imprese sulla possibilità di intraprendere un sentiero di crescita e di domanda sostenute e così favorire un ritorno degli investimenti su livelli strutturalmente più elevati.
Il rilancio della crescita è anche la via per ridurre il debito, che costituisce un elemento di intrinseca fragilità della economia dell’Italia, perché espone al rischio di shock finanziari e crea un’incertezza di fondo che si riflette sugli oneri di finanziamento e scoraggia l’investimento privato.
Nei programmi governativi grazie alla più elevata crescita del prodotto il peso del debito diminuirebbe comunque più di quanto si prevedeva solo pochi mesi fa. Con una gestione responsabile delle finanze pubbliche l’Italia può accelerare la diminuzione del rapporto tra debito e prodotto, contenendo così una fonte rilevante di rischio.