Psicopedagogista, psicoterapeuta, docente, saggista, scrittrice, editorialista, Maria Rita Parsi svolge da anni un’intensa attività didattica e di formazione presso università, istituti specializzati, associazioni private.
Membro del Comitato ONU per i diritti dei fanciulli e delle fanciulle, la Parsi nel 1991 ha dato vita alla Fondazione Movimento Bambino ONLUS, per la tutela giuridica e sociale dei minori, per la diffusione dei loro diritti, per la formazione dei formatori e per l’ascolto, l’aiuto e l’assistenza ai minori e alle loro famiglie, in Italia e all’estero. Ha fondato e dirige il Corso di specializzazione in psicoterapia umanistica ad orientamento bioenergetico.
Nel suo ultimo libro “Per rivederti ancora”, edito da Pagine, l’autrice ha parlato della quarantena come di una regressione al grembo materno, tale per cui uscire di casa non è più una prospettiva allettante. Molti bambini hanno sviluppato un’avversione nei confronti dell’esterno. Cosa possono fare i genitori?
“Da parte dei bambini, soprattutto i più piccoli, ci potrebbe essere paura di “perdere” i genitori, dopo averli avuti, per tanto tempo e con soddisfazione, in casa. Vicini, presenti, attenti. Dobbiamo rassicurare: “Staremo ancora tutti insieme, così bene, a casa. Ma, ora, non dobbiamo avere paura di uscire per fare, finalmente, una bella passeggiata. Prima non si poteva, ora sì”. Ai bambini bisogna parlare direttamente e con chiarezza. Sembra che i bambini non capiscano, invece hanno grande capacità di sentire e di comprendere con “la mente intuitiva”. Conta molto anche il tono di voce, la mimica facciale, gli sguardi, la gestualità.
Il vero problema, tuttavia, è che dinanzi all’emergenza – di per sé terribilmente imprevedibile – non siamo riusciti a rispondere a dovere: le principali agenzie educative cui i ragazzi dovrebbero fare riferimento, famiglia e scuola, sono entrate in crisi. E la conseguenza è che “quella che ormai è diventata la terza agenzia educativa, ovvero il web, è diventata la prima, con tutte le conseguenze del caso”.
Di fatto, questa è la tesi sostenuta dalla scrittrice, quei canonici riti di passaggio che si vivono in età adolescenziale – il gruppo di amici, i primi amori, le prime sfide e i primi traguardi – si sono frantumati per essere affidati completamente al mondo virtuale. Ad acuire tale situazione ha senz’altro contribuito la DaD (Didattica a Distanza), che ha trovato impreparati tanto gli studenti quanto gli insegnanti, andando a complicare una situazione già di per sé disperata in molti casi.
“Si tratta in realtà di una storia vera vissuta da una ognuno di noi che ancora oggi vive in noi da bambini e da adulti” e ha spiegato l’origine di questo suo libro che è dovuta al voler ribadire che seppure “Dalla vita non si guarisce, esiste tuttavia una possibilità di risolvere il conflitto facendo appello all’azione creativa ed a quel codice di comunicazione che serve appunto alla risoluzione del conflitto”.
“Chi ha i sogni è stato sognato, i sogni vanno coltivati e fatti nascere perché è così che nasce il mondo. Perché non siamo perfetti, il perfetto non è umano, non è poesia”.