In Libia manca sempre meno alle elezioni presidenziali e legislative, fissate per il 24 dicembre. Queste erano state concepite come un punto di svolta per la transizione democratica di Tripoli, dopo un lungo periodo di crisi e guerra civile iniziato ormai nel lontano febbraio 2011.
In realtà, più ci si avvicina all’importante appuntamento elettorale e più si viene a delineare una situazione caratterizzata da divisioni e dubbi sulla reale efficacia dello strumento elettorale in un contesto complicato e altamente instabile come quello libico.
Al momento sono quasi un centinaio i libici che si sono presentati come candidati, più circa altri 25 esclusi dall’Alta Commissione elettorale libica (HNEC) poiché considerati non idonei. I nomi illustri non mancano. Tra questi figura anche Saif Al-Islam Gheddafi, figlio dell’ex dittatore Muammar Gheddafi, e attualmente ricercato dalla corte penale internazionale, il quale era considerato uno dei principali candidati alle prossime elezioni presidenziali ma al momento figura tra gli esclusi.
Anche il comandante dell’Esercito nazionale libico (LNA), Khalifa Haftar, rischia di essere escluso, a causa del fatto che avrebbe nazionalità statunitense, oltre ad essere accusato di aver commesso crimini di guerra durante il suo assalto su Tripoli, iniziato nell’aprile 2019.
La stessa candidatura del premier ad interim, Abdulhamid Dabiaba, è stata al momento sospesa dopo che la Corte d’appello di Tripoli ha accolto un ricorso proprio contro la sua candidatura visto che, secondo regolamento, i candidati devono lasciare gli incarichi pubblici almeno tre mesi prima delle elezioni, cosa che Dabiaba non ha fatto.
Tra i nomi importanti che attualmente sono ancora in corsa spiccano quelli di Aguila Saleh, presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk e in passato sostenitore delle offensive del generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, l’ex ministro dell’Interno Fathi Bashagha e il vicecapo del precedente Consiglio presidenziale, Ahmed Maitig.
Si tratta della prima tornata elettorale dopo sette anni e, al momento, sono tre milioni (su sette) i cittadini libici che si sono registrati per partecipare al voto.
Lorenzo Guerini, Ministro della Difesa italiano, in un comunicato, ha recentemente dichiarato che l’Italia sta seguendo da vicino la situazione libica, con la speranza che le elezioni si svolgano in maniera regolare e nei tempi stabiliti, seguendo la tabella di marcia concordata e sostenuta dalla comunità internazionale.
Le elezioni del 24 dicembre sono fondamentali per la Libia se si vuole provare a stabilizzare una situazione che da troppo tempo si regge su un fragile equilibrio. Le premesse, che in queste settimane stanno accompagnando il Paese verso queste elezioni, non sono però buone: criteri di ammissione dei candidati per nulla chiari, regole tutt’altro che condivise, profonde divisioni ancora presenti nel Paese, sono tutti sintomi di una fragilità nei presupposti del voto.
Il rischio è che i risultati delle elezioni, se vi saranno presunte irregolarità o interferenze, possano rappresentare la scintilla per far scattare una nuova ondata di violenze. Tanto più che, nonostante la Conferenza di Parigi avesse stabilito il ritiro di truppe straniere e mercenarie dal suolo libico, al momento il Paese vede ancora milizie mercenarie disseminate in tutta la Libia. Le imminenti elezioni potrebbero non essere la panacea di tutti i mali libici, ma, anzi, potrebbero portare a nuove divisioni istituzionali e a nuovi scontri civili e politici.