A cura del Professor Thomas Flichy de La Neuville, esperto di geopolitica presso la Rennes School of Business*
Anche se le piace far finta di essere potente, da un punto di vista geopolitico, la Francia è da tempo a rimorchio degli Stati Uniti. Cosa che le risulta tanto più facile che la Germania ha ufficialmente rinunciato ad esercitare la sua influenza sul continente europeo.
Nell’arco di vent’anni, la libertà di manovra della diplomazia francese è crollata di fronte alle successive pressioni statunitensi. Come in Iran, dove le aziende francesi, sono state costrette a fare un passo indietro. O in Russia dove, pressata dagli Usa, la Francia ha applicato un regime di sanzioni tale da danneggiare la propria agricoltura permettendo invece alla Russia di esportare prodotti agricoli fino ad allora provenienti dalla Bretagna.
Non dimentichiamo inoltre la pressione esercitata sull’industria navale francese affinché la BPC Mistral, originariamente destinata alla Marina Russa, non le venisse più venduta. La portaelicotteri avrebbe permesso alla Russia di fare sfoggio della propria potenza navale durante le operazioni congiunte.
Lo zelo diplomatico francese deve quindi essere interpretato come una doppia azione di comunicazione volta da una parte a mimare di detenere il potere in Europa e dall’altra a lusingare l’elettorato francese, particolarmente sensibile ai posizionamenti politici audaci. Il Presidente Macron sa già che il suo pubblico riuscirà clamorosamente a dimenticare che la sua politica diplomatica è stata in realtà teleguidata da un sovrano straniero. Macron non riuscirà quindi, in definitiva, a smarcarsi dagli Usa e ad uscire da quel “cerchio di Popilio” che la diplomazia americana gli ha disegnato intorno.
Qual è dunque la scia diplomatica americana in cui si colloca la presidenza francese? Per più di cent’anni, le repubbliche oceaniche anglosassoni si sono opposte agli imperi continentali. Durante il ventesimo secolo, hanno cercato di evitare qualsiasi legame economico tra l’industria tedesca e i giganteschi serbatoi di risorse russe.
Oggigiorno, l’avversario degli Stati Uniti è un’alleanza fra Russia, Cina ed Iran, più la Turchia, una sorta di nuovo impero mongolo. Ma non c’è dubbio che il potere americano, che si riconosce nell’immagine di un impero romano morente, sia in netto declino. Il suo principale errore è stato quello di opporsi a troppi nemici contemporaneamente.
Sarebbe stato possibile per l’America affrontare la Cina se prima avesse unito le proprie forze alla Russia. Ma questo tentativo è fallito miseramente. Tanto più che Russia e Cina si guardano in cagnesco reciprocamente. In Ucraina, gli Stati Uniti stanno cercando di far crescere un bubbone nella schiena della Russia grazie a una massiccia iniezione di fondi – la procedura abituale di questo stupido impero, la cui intelligenza politica è crollata da tempo – che servirà a creare una vetrina occidentale in Ucraina e a mettere sottosopra le élite per sedurre la gioventù russa.
L’idea di base è quella di imitare una nuova Berlino Ovest destinata ad espandersi e a prosperare, un’isola artificiale, un’esca per destabilizzare la Russia. L’accelerazione e la metamorfosi della politica diplomatica americana in Ucraina è sostenuta dal Parlamento europeo, che ha appena votato – a seguito di un’efficace politica di lobbying americana – l’invio di fondi in Ucraina.
L’attenzione sull’Ucraina merita di essere collocata in una prospettiva geopolitica. È una risposta alle efficaci mosse militari della Russia. Mentre la Siria non è mai caduta, la Turchia sta voltando le spalle alla NATO. Al contempo, la Francia sta ritirando le proprie truppe dal Sahel. Alcuni riconoscono, dietro questa inversione di tendenza, un’influenza cinese, russa e turca. Possibile. Resta il fatto che nella Repubblica Centrafricana e nel Mali francofono, la Russia la fa da padrone.
Nella lotta tra imperi oceanici e continentali, l’intelligenza politica a lungo termine è in gioco. Ma il potere del denaro sta per crollare. Infatti, la più grande battaglia – sotterranea questa volta – sarà tra il dollaro e l’e-yuan. L’Iran è già diventato un laboratorio per la Cina, che vi ha introdotto l’e-yuan, sconfiggendo così le sanzioni finanziarie americane.
Che l’Iran sia destinato a diventare una colonia finanziaria della Cina? Non si sa. In ogni caso, il nuovo impero mongolo ha una spina nel fianco. E questa spina è l’Ucraina. In un mondo di rivoluzioni digitali, le potenze oceaniche stanno combattendo la loro ultima battaglia. L’Ucraina non è che una spia lampeggiante in questo grande sconvolgimento. Nessuna guerra sarà combattuta lì, perché né i Russi né gli Americani hanno alcun interesse a farla. I veri problemi sono altrove, come al solito, molto, molto lontano dai riflettori.
*Thomas Flichy de La Neuville ricopre attualmente la cattedra di geopolitica alla Rennes School of Business. Professore a l’École Militaire de Saint-Cyr, ha tenuto conferenze in numerose università straniere fra cui Oxford e l’United States Naval Academy. In precedenza, è stato professore di studi iraniani all’Accademia navale francese. Il suo lavoro si concentra sulle future tensioni e conflitti diplomatici in Iran, Cina e Russia. Fra le sue pubblicazioni segnaliamo Ukraine. Regards sur la crise (Éditions L’Âge d’Homme), scritto sotto la sua supervisione.