La situazione in Ucraina si fa sempre più critica. Ad oggi ancora non si intravedono spiragli di pace o quanto meno di una tregua. Le ripercussioni che la guerra sta avendo verso l’economia di tutti i paesi (importatori ed esportatori) hanno assunto dimensioni insostenibili. Da un lato il rialzo dei prezzi delle materie prime e dall’altro le sanzioni verso la Russia, ma i contraccolpi vanno ben oltre. Ci siamo rivolti a Loris Gerardi, esperto di finanza, per capire le dinamiche in atto nei vari paesi sui versanti economico-finanziari.
Gerardi, sembra che gli Stati Uniti e l’Unione Europea stiano “esportando” sanzioni verso la Russia, ma nel frattempo “importano” inflazione è corretto?
Imporre delle sanzioni ad un Paese fondamentale nella filiera di approvvigionamento di materie prime essenziali come petrolio, gas, grano e mais, per non parlare di palladio, nickel e terre rare, ha effetti profondi e gravi su tutte le economie. Molti sono rimasti stupiti dalla velocità con la quale molti Paesi hanno interrotto l’esportazione di materie prime, in particolare modo quelle agricolturali, ma la produzione dei due maggiori esportatori di grano e mais al mondo è in questo momento a rischio (la semina nel nostro emisfero è in questo e nel prossimo mese) e le conseguenze maggiori saranno evidenti nella seconda metà dell’anno.
Un’emergenza a cui i Paesi interessati stanno rispondendo aumentando le scorte.
Prevedendo questa carenza i governi, coscienti che la Primavera Araba è nata l’ultima volta che c’è stata una carenza simile, bloccano le esportazioni ed aumentano le scorte. La strutturale fragilità delle reti di approvvigionamento, ottimizzate negli ultimi 40 anni solo sul prezzo (deflazionistiche), stanno mostrando i loro limiti e costringono i governi a trovare presto nuovi partner commerciali e deglobalizzare (inflazionistico), ricominciando a portare a casa la produzione industriale strategica.
I titoli di stato Russi sono stati declassati dalle Agenzie di Rating ai livelli più bassi, si rischia quindi il default della Russia. Quali potrebbero essere le conseguenze per l’economia globale e per i mercati finanziari se ciò accadesse?
Potrà sembrare ironico ma l’annuncio sui Titoli di Stato Russi è previsto nello stesso giorno in cui la Fed deciderà sul rialzo dei tassi, e si tratta di un evento ad alto impatto sui mercati. Un default della Russia oggi, avrebbe un impatto superiore al default della Russia del 1998, che portò al fallimento del fondo LTCM ed all’innesco di una crisi finanziaria globale. La situazione venne salvata dall’intervento eccezionale di Greenspan. Oggi il livello di indebitamento (leverage) nel sistema è il triplo del 2008 e le nostre economie strutturalmente più fragili, perché più dipendenti dalle importazioni. L’intervento delle Banche Centrali deve essere ancora più deciso ed immediato, un nuovo “Whatever it Takes”, sostegni timidi saranno puniti dai mercati.
Prosegue il rialzo delle quotazioni delle materie prime, come detto, ma esiste un limite entro il quale tali aumenti possono essere sopportati dalle varie economie?
Purtroppo i rialzi riguardano tutte le materie prime, energetiche, industriali, agricolturali e metalli preziosi, e l’impatto sul sistema economico e sociale è molto profondo. Le materie prime sono prezzate in Dollari, frutto degli accordi presi dopo la Seconda Guerra Mondiale, e quando c’è una crisi di questa entità il sistema dello Shadow Banking e tutto il mondo finanziario ha un enorme bisogno di essere sostenuto dall’emissione di Dollari da parte della Fed. Ma la Fed ha dichiarato che proseguirà con il rialzo dei tassi ed interromperà l’acquisto dei Treasuries, andando a stringere il credito proprio mentre l’inflazione aumenta e l’economia è in recessione.
Cosa attendersi?
Lo scenario che al momento ci si presenta è di Stagflazione e le materie prime bloccate dalla rottura di tutti gli accordi commerciali continueranno comunque a salire di prezzo mentre il resto dell’economia peggiorerà la crisi. Sarebbe la ripetizione della crisi del ‘29. Malgrado gli annunci della Fed, ritengo questa ipotesi la peggiore e, quindi, improbabile. Qualora la Fed invertisse la rotta e ricominciasse a sostenere l’economia ci troveremmo comunque in uno scenario di immissione di liquidità durante uno scenario di aumento dei prezzi, quindi il Dollaro si svaluterebbe, le materie prime aumenteranno ancora di più di prezzo, ma l’economia sarà sostenuta. Ci saranno probabilmente controlli sulla curva dei tassi per fare in modo che gli interessi siano bloccati mentre l’inflazione reale andrebbe al galoppo, ma potremo superare questo momento. Non è più tempo per scelte facili, ogni scelta richiederà un forte supporto fiscale per le fasce sociali più fragili.
L’Europa e anche l’Italia vogliono dare una svolta ai piani energetici accelerando gli investimenti necessari per non dipendere più dal gas e dal petrolio. Quali sono le aspettative dei mercati sul settore delle energie rinnovabili?
L’assenza di politiche energetiche in Italia non sarà recuperabile in pochi mesi, ci vorranno anni per implementare una politica energetica seria che includa tutte le forme energetiche disponibili. Ma, anche qui, tutta la produzione delle fonti rinnovabili e la crescita di una rete di distribuzione per passare ad utenze sempre più elettriche, richiedono la produzione di energia che non può prescindere dal nucleare ed una quantità di materie prime che non sono disponibili a questi prezzi. Il cambiamento di paradigma di produzione e distribuzione di energia per arrivare ad una economia più verde, non può prescindere dall’aumento degli investimenti nelle industrie tradizionali e nelle infrastrutture, e tutto questo passa comunque per un aumento dei prezzi delle materie prime.
Quali sono le strategie di breve termine in atto da parte degli investitori? Verso quali asset si stanno orientando per modificare la composizione dei loro portafogli?
I portafogli dovranno essere impostati in base ai rischi ed alle opportunità in termini geopolitici e macroeconomici. Ci sono movimenti tettonici in atto e bisogna stare lontani dall’incertezza e partecipare a questi grandi spostamenti di capitali. Quindi, fuori dal settore tecnologico e dagli indici azionari in generale, e fuori dall’obbligazionario High Yield e Junk preferendo debito di qualità (per esempio dei paesi produttori), meglio se con cambio sterilizzato. I settori sui quali puntare ora sono Metalli Preziosi, Materie Prime Industriali e Agricolturali, mentre quando interverranno le Banche Centrali cominceremo ad accumulare sul comparto Industriale e delle Infrastrutture. Inoltre, per abbassare il rischio di correlazione, in questa fase è meglio privilegiare gestioni attive rispetto agli Etf.