Passeggiando per le città si ha una sensazione spettrale, il traffico è sostanzialmente azzerato, tranne le ore di punta di entrata ed uscita dal lavoro per quei pochi che ancora un lavoro lo hanno.
Moltissimi negozi risultano chiusi con offerte di affitto laconicamente ingiallite. La grande ripresa post Covid non c’è e non ci sarà come l’impatto del mitizzato Pnrr che per ben che vada si trasformerà in altro debito pubblico per effetto di una recessione post pandemica drammatica.
I fondi europei condizionati potrebbero arrivare solo in parte e non essere impiegati in progetti utili per lo sviluppo ma finire nella stracciata spesa corrente del debito pubblico italiano che corre a ritmi americani, con la differenza che gli USA hanno un’economia interna che sostiene 30.000 mld di debito pubblico e noi con il futuro target a 3000 mld possiamo solo avvitarci in picchiata in una sindrome greca al cubo.
L’inflazione reale probabilmente è già vicina alla doppia cifra in uno scenario recessivo che ci porta ad una stagflazione mai provata da quando esiste la nostra giovane nazione. Ma la “guerra” (ecco adesso io ed il direttore non potremo più andare in Russia) rischia di sparigliare ancor di più le carte tanto che al MEF non fanno più in tempo a far previsioni, perché piu’ che di economisti avrebbero bisogno di esorcisti.
I costi delle materie prime sono totalmente in balia della speculazione, sui prodotti dell’energia poi la narrazione di guerra sta influendo sui prezzi in una oscillazione che ricorda la logica ricattatoria della borsa nera nei tempi di guerra.
Nel frattempo, l’uomo comune inseguito dai talk show sui bombardamenti, la paura del razionamento, proprio come le rane a mollo nell’acqua tiepida, non si accorge che la temperatura sale ed al primo bollore, game over.
Le sanzioni alla Russia sono in primo luogo un autogol – per inciso il gas, il petrolio il grano russo non costano di più all’origine, anzi con le sanzioni qualcuno comprerà a prezzi di saldo, sono le errate iniziative europee a creare tensioni sui prezzi dei futures sulle utilities, almeno su questo Putin ha ragione.
Certo, la guerra non può essere ignorata, sebbene un 70% della popolazione mondiale poco s’interessi alle sorti del popolo ucraino, ma forse all’Ucraina serve un’Europa prospera e non in ginocchio economicamente.
Peraltro, la incoerente politica estera europea ha deciso di armare l’Ucraina, mossa assolutamente idonea a sostenerne la lotta, ma a questo punto forse sarebbe bastato un embargo sulle forniture militari alla Russia. Oggi avremmo un esercito ucraino più efficiente e almeno cinque punti d’inflazione reale in meno e bollette e benzina a prezzi normali.
La guerra prima o poi finirà, ma i danni degli errori europei lasceranno cicatrici economiche formidabili e qui dispiace constatare che il nostro super governo è incapace di sviluppare un pensiero economico proprio e ci spinge a restare a mollo nell’acqua tiepida, come le rane, condannandoci a finire bolliti, ovviamente economicamente parlando.
Dietro l’angolo c’è un futuro di diseguaglianze sociali che in concreto è una limitazione della libertà, quella libertà che vogliamo aiutare gli ucraini mantenere contro l’aggressione russa. Con franchezza non ci vuol molto a capire che stiamo sbagliando, sempre economicamente parlando.