«Avevo con Donna Assunta una buona conoscenza, forse proprio perché stavamo su fronti così opposti, senza alcuna ambiguità: la sua collocazione così organica al Movimento Sociale non lasciava tra noi alcuna nuance». Lo ha detto l’ex leader di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, in ricordo di Donna Assunta.
«La mia collocazione politica parte dall’antifascismo, la mia militanza politica nasce in piazza nel 1960, nel cosiddetto movimento delle magliette a strisce contro il Congresso del Msi a Genova, un segno costante antifascista che viene anche dalle mie origini, quelle in cui la resistenza ha avuto un ruolo centrale. Proprio grazie alla mia chiara militanza politica – aggiunge l’ex Presidente della Camera – avevamo un rapporto limpidissimo, senza alcuna ombra: quello tra due persone che si conoscono e che possono parlarsi. E il suo era un parlare libero e gradevole».
Assunta Almirante è morta questa mattina, nella sua casa di Roma. Aveva cento anni. La moglie del leader del Movimento Sociale Italiano era nata a Catanzaro. Dopo il primo matrimonio con il marchese Federico de’ Medici, si sposò con Almirante nel 1969. Nel 1987 sponsorizzò l’elezione di Gianfranco Fini a segretario del partito. Critica sulla svolta di Fiuggi del 1995 e sulla creazione di Alleanza Nazionale, nel 2007 partecipò all’assemblea costituente de La Destra, il partito fondato da Francesco Storace e Teodoro Buontempo.
“Donna Assunta”, così come veniva chiamata, ha mantenuto un ruolo attivo nella vita pubblica anche dopo la scomparsa di Almirante, e in precedenza non esita a prendere posizioni controcorrente rispetto al proprio campo politico e culturale, come quando nel 1974, anno del referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, afferma pubblicamente di essere a favore della conferma della legge.
«Sono sempre stata di destra. Ma anche un po’ di sinistra, nel mio intimo – spiega in un’intervista del 2018 al Quotidiano nazionale -. Penso con la mia testa». In merito all’adesione del marito alle leggi razziali volute dal regime fascista, nella stessa intervista commenta: «Erano anni cupi condizionati da un prevalente senso di disciplina. Lui, fascista, era segretario di redazione al giornale ‘La difesa della razza’. Poteva sottrarsi? No. Ma non è mai stato antisemita. La vede quella targa? È di un’ebrea, Daniela Coen Bottai, che ha voluto testimoniargli il suo affetto. Non solo. Aiutò la famiglia di Emanuele Levi. Ricambiato dopo il 1945, quando per i ragazzi di Salò la vita quotidiana era pesante».