La recente conferenza programmatica di Fratelli d’Italia, conclusasi pochi giorni fa a Milano, ha dimostrato la capacità attrattiva del primo partito italiano verso i migliori esponenti della classe dirigente, in tutti i settori in cui si esplicherà la futura azione governativa.
Ai dibattiti intercorsi nei diversi tavoli tematici, infatti, hanno partecipato dirigenti di enti pubblici e di imprese private, ambasciatori, magistrati e professori universitari, che hanno dato un contributo fattivo alla stesura del programma di governo con cui FdI si presenterà alle prossime elezioni.
Le proposte più significative e innovative hanno riguardato, la difesa della famiglia, dell’identità nazionale, dei valori cristiani e della cultura classica, il presidenzialismo, il mondo della scuola con un nuovo criterio di selezione basato sul modello anglosassone, la riforma in senso confederale della Ue, il ruolo dell’Italia nel panorama internazionale, un piano di indipendenza energetica che punti sulla ricerca del nucleare di quarta generazione e sul massimo sfruttamento di gas e petrolio presenti nella Penisola e una nuova politica industriale che tuteli i settori strategici come le infrastrutture fisiche e tecnologiche e le produzioni di eccellenza del made in Italy.
Personalità come Marcello Pera e Carlo Nordio, già proposti come candidati alla Presidenza della Repubblica, Giulio Terzi di Sant’Agata, Giulio Tremonti, Stefano Zecchi e Luca Ricolfi, sono entrati ufficialmente nel think tankdi quello che vuole diventare un polo di aggregazione dei conservatori italiani, provando a riuscire dove Forza Italia ha fallito.
Oggi, infatti, la rivoluzione liberale deve essere coniugata con una strenua difesa dell’interesse nazionale a livello europeo e mediterraneo e con un radicamento territoriale che il partito berlusconiano non ha mai avuto.
Proprio quello che viene additato senza soluzione di continuità come il punto dolente e debole del partito, una nuova dirigenza intorno alla leader, potrebbe rivelarsi invece un punto di forza in grado di fondersi al meglio con i contributi di personalità esterne.
Un altro fattore ancora più decisivo è costituito dalle sponde internazionali che la Meloni ha saputo costruirsi in questi anni, dai conservatori inglesi, ai partiti del patto di Visegrad, ai repubblicani americani, il cui supporto finanziario e geopolitico potrebbe rivelarsi fondamentale sia nella tutela degli interessi nazionali nel Mediterraneo che nella trattativa incipiente per la riforma dei trattati Ue, che vanno centrati sulla crescita e su un nuovo stato sociale, che ponga particolare attenzione agli ultimi, dimenticati dalla sinistra dei salotti al caviale e champagne.
Soltanto un partito ben strutturato avrebbe la forza di fronteggiare al contempo le ostilità dell’establishment della Ue a trazione franco-tedesca e la campagna denigratoria che i media mainstream scateneranno in prossimità delle prossime politiche, di cui abbiamo avuto un assaggio in occasione della ultime amministrative, in cui si disquisiva in modo lunare su fantomatiche nostalgie fasciste, periodicamente utilizzate da una sinistra senza argomentazioni valide da contrapporre nel merito alle proposte di Fdi.
Dirimente sarà anche riuscire a cementificare l’alleanza con gli altri partiti di centrodestra, in perenne oscillazione tra le sirene della sinistra, che essendo strutturalmente minoranza, ha bisogno di spaccare il fronte avversario per restare al potere e il ritorno alla classica collocazione politica.
In questo senso, la discriminante risiede nell’impedire i progetti in corso per il ritorno a una legge proporzionale che spaccherebbe i due poli, permettendo ai piccoli e piccolissimi partiti di entrare in Parlamento tenendo in ostaggio le maggioranze da formare dopo le elezioni e soprattutto espropriando i cittadini della possibilità di scegliere, seppur indirettamente il governo e di conoscere l’esito delle consultazioni la sera stessa delle votazioni.
L’optimum, chiaramente, sarebbe approvare la proposta di legge costituzionale di FdI sul presidenzialismo, arrivata il 10 maggio alle Camere, che consentirebbe eleggere direttamente il capo dello Stato e di porre finalmente nel dimenticatoio tutte le pastoie e le degenerazioni del parlamentarismo e del consociativismo assembleare.
A questo proposito, Marcello Pera ha proposto di votare un’assemblea costituente con il mandato annuale di rivedere la forma di governo da corredare con una legge elettorale maggioritaria, che restituisca lo scettro del principe al popolo, grazie alle preferenze o ai collegi uninominali.
At last but not least, si deve lavorare per la scelta di una candidato premier che metta d’accordo tutti, dagli alleati all’establishment economico-finanziario, ai referenti internazionali e la figura di Giulio Tremonti sembra avere queste peculiarità: di estrazione liberalsocialista e craxiana, per anni ministro dell’Economia di Forza Italia ma molto gradito anche alla Lega Nord, oggi presidente dell’Aspen Institute, ha scritto molti libri negli ultimi tre lustri che si sono rivelati profetici e anticipatori delle crisi globali che hanno investito l’Occidente e hanno tracciato un percorso di rivisitazione profonda delle dinamiche della globalizzazione finanziaria, dominante nel trentennio post guerra fredda.
Oggi che si sta configurando un mondo nuovamente bipolare, la sua lungimiranza è un tesoro da non lasciarsi sfuggire e da mettere a frutto.
In conclusione, alla luce di tutto ciò, Fratelli d’Italia ha costruito pazientemente le premesse per diventare un partito conservatore che sia il perno del futuro assetto politico italiano e non sprechi la sua massiccia dote di voti, come Marine Le Pen in Francia, percettrice di un grande consenso che però non riesce a farle raggiungere il potere a causa della conventio ad excludendum dell’establishment interno e straniero.
La nave è partita, tra procelle, tempeste e venti contrari, può giungere a destinazione perché all’orizzonte i naviganti già intravedono il porto, un porto che si chiama governo nazionale.