Alla fine è andata come previsto, esattamente come i bookmaker segnalavano da settimane, con percentuali paragonabili a quelle del successo del Real Madrid in un’ipotetica partita contro l’Avellino: la vittoria dell’Eurovision Song Contest 2022 è andata alla super favorita band ucraina della Kalush Orchestra.
Se il risultato finale era scontato, forse lo erano un po’ meno le modalità con cui ciò è avvenuto, con una discrepanza abissale fra i risultati del televoto popolare e quelli sanciti dalla giuria internazionale di qualità. Una discrepanza che ha contribuito ad alimentare dietrologie e polemiche, tutte di natura geopolitica e che nulla hanno a che fare con quello che dovrebbe essere il “core business” dell’Eurofestival: la musica.
GUERRA E FESTIVAL
Del fatto che l’edizione 2022 del Festival fosse fortemente condizionata dagli eventi politici e bellici internazionali, ne avevamo già parlato nei giorni scorsi, ricordando l’esclusione forzata dei cantanti russi dal Contest e anche la sostituzione in corsa della cantante ucraina Alina Pas – in odore di anti-patriottismo – con la Kalush Orchestra per l’appunto.
Con queste premesse, era chiaro che la politica avrebbe condizionato anche il risultato finale della gara, come puntualmente intuito dai siti di scommesse di tutto il mondo e come, poi, puntualmente avvenuto.
In pochi, però, immaginavano che la giuria internazionale di qualità, composta dai delegati di quaranta paesi, non avrebbe condiviso anch’essa il consenso verso il gruppo ucraino, relegandolo fuori dal podio.
Dopo il voto tecnico, infatti, solo i paesi tradizionalmente più anti russi – come la Polonia, la Lettonia, la Lituania, la Moldavia – avevano espresso una preferenza per la Kalush Orchestra.
A risultare vincitore, in base al voto complessivo dei delegati europei, era stato il britannico Sam Ryder: look da messia glamour, voce degna di un Freddy Mercury redivivo, con un brano forse non indimenticabile, ma piacevole ed orecchiabile.
Insomma, la giuria tecnica, a suo modo ci aveva provato a rendere l’edizione 2022 di Eurovision un normale Festival canoro, in cui vincono o perdono i cantanti in gara, in base alla loro voce, ai loro brani e alle loro esibizioni, senza considerazioni di altra natura. Poi, però, il risultato del televoto ha stravolto tutto.
MUSICA O GEOPOLITICA?
Questa sorta di strana schizofrenia di Eurovision 2022, è stata molto ben rappresentata da un curioso duetto avvenuto in diretta, durante lo spoglio dei voti, fra due dei commentatori RAI del Festival: Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio.
Quando i risultati del televoto sono cominciati ad arrivare ed è risultato chiaro che l’Italia, matematicamente, non avrebbe più potuto vincere – mentre ancora non si conoscevano i dati del voto popolare per l’Ucraina e il Regno Unito – ecco che Corsi si è affrettato a dire: “Possiamo adesso dire ufficialmente di tifare Ucraina”.
Peccato però, che Malgioglio, convinto ancora che si trattasse di giudicare solo i cantanti e le canzoni, lo abbia subito gelato con un: “No tesoro, a me piace Sam Ryder, l’inglese, che ha una bellissima voce. Io faccio il tifo per lui”.
Insomma, quel duetto Corsi-Malgioglio, durato pochi secondi, è stata la rappresentazione plastica di due modi antitetici di considerare il Festival: vetrina puramente musicale per Malgioglio, vetrina soprattutto politica per Corsi.
IL TRIONFO AL TELEVOTO
Al televoto, la Kalush Orchestra, ha infine ricevuto oltre 400 punti di preferenza, doppiando tutte le altre nazioni in gara – nessuna delle quali ne ha ricevuti più di 200 – ribaltando il risultato della giuria, con un distacco che mai si era verificato in queste proporzioni nella storia del concorso musicale. Un distacco che il pubblico europeo ha sancito per ragioni che, ovviamente, nella maggior parte dei casi, non hanno molto a che fare con la musica, quanto con la solidarietà per il popolo ucraino.
Qualcuno, proprio per questo, ha subito storto il naso. Infatti, se questo meccanismo si dovesse riproporre anche in altre situazioni – dai mondiali di calcio, al festival di Cannes, dalle olimpiadi a Miss Mondo – con l’Ucraina sistematicamente avvantaggiata per simpatia politica e solidarietà umana, certo il concetto di stesso di “gara”, di “competizione” finirebbe per venire meno.
Ma c’è chi la vede molto diversamente: “È un chiaro messaggio di pace da parte degli spettatori europei” si è affrettato a dire, sempre in diretta, il solito Gabriele Corsi. Un messaggio di pace che, però, potrebbe a breve fare nascere qualche complicazione.
MARIUPOL 2023
Sono complicazioni che si prospettano in modo ancora più concreto, dopo la dichiarazione a caldo del presidente ucraino Zelensky di voler fare svolgere l’edizione 2023 del Festival a Mariupol. Da regolamento, infatti è la nazione vincitrice quella che s’impegna ad ospitare l’edizione successiva dell’Eurovision: in questo caso l’Ucraina.
Le condizioni poste dagli organizzatori, però, sono molto rigide in termini di sicurezza, di facilità degli spostamenti da e per la città ospitante, di capienza e sicurezza delle strutture, ecc. Tanto che, dopo la vittoria italiana del 2021 e la corsa di decine di città della nostra penisola a proporsi come sede del Festival 2022, quasi tutte quelle proposte furono subito bocciate, perché quasi nessuna città italiana aveva le caratteristiche, molto stringenti, richieste dall’organizzazione internazionale.
Ora, proporre come sede per il 2023 una città attualmente sotto i bombardamenti, in pieno fronte di guerra, come fa ad essere una proposta accettabile per il comitato organizzatore? Gli organizzatori, per l’Ucraina, faranno eccezione e chiuderanno un occhio? Certo, ci auguriamo tutti che fra un anno la guerra possa essere solo un lontano ricordo. Ma augurarcelo non vuol dire averne alcune certezza.
È, dunque, da considerarsi una scelta sensata e saggia, quella di proporre una sede di guerra – e non Kiev o altre città lontane dal fronte, ma proprio Mariupol – per ospitare cantanti, delegazioni, pubblico internazionale? Non si finisce, così, per mettere a rischio la vita di migliaia di persone, di trasformarli, involontariamente, in potenziali bersagli e scudi umani?
Più che un segnale di solidarietà e di pace, quindi, l’edizione 2023 dell’Eurofestival potrebbe trasformarsi in un ulteriore motivo di tensione internazionale, in una rischiosissima scommessa, dall’enorme potenzialità esplosive.
LE ALTRE SORPRESE
Dunque, il “messaggio di pace” dei telespettatori europei, sta già diventando una possibile patata bollente, una sorta di “bomba ad orologeria”, che ci auguriamo possa venire brillantemente disinnescata entro breve tempo.
Per concludere, tornando un po’ anche agli aspetti più squisitamente artistici del Festival, c’è da dire che il plebiscito per l’Ucraina non è stata l’unica sorpresa riservata dal televoto. Altre due nazioni disdegnate dalla giuria, infatti, sono state premiate dal pubblico europeo – anche se in proporzioni molto minori rispetto alla Kalush Orchesta – facendo loro scavalcare numerosi posti in classifica.
Sto parlando, innanzi tutto, della Moldavia, che la giuria tecnica aveva relegato agli ultimissimi posti, ma che il pubblico ha apprezzato moltissimo, facendole scalare una quindicina di posizioni. Non a caso, il pezzo di Zdob si Zdub & Advanov Brothers – un brano allegro e tipicamente balcanico, nello stile che fu di Goran Bregovic – era nei giorni scorsi il più ascoltato su Spotify.
Discorso simile per la serba Konstrakta – non particolarmente premiata dalla giuria, però piazzatasi, grazie al pubblico, al quinto posto finale – con una canzone dal curioso testo bilingue, in serbo e in latino, arricchita da una performance scenica che ricordava quasi un’esibizione di arte contemporanea. Di quelle a cui ci ha abituati la sua connazionale Marina Abramovic, l’artista resa nota in Italia anche dalle gustose imitazioni di Virginia Raffaele.
Personalmente, queste ulteriori sorprese del televoto, anche perché meno legate a questioni di politica internazionale, mi hanno fatto piacere. Zdob si Zdub & Advanov Brothers e Konstrakta, erano infatti fra i cantanti che avevo più apprezzato – insieme all’emozionante voce dell’olandese S10 e all’elegante sensualità della lituana Monika Liu – in un’edizione del Festival che, quasi certamente, non verrà ricordata in futuro per la qualità più o meno alta dei brani in gara.