È stato finalmente pubblicato il 17 maggio scorso in Gazzetta Ufficiale l’atteso “Decreto Aiuti”, provvedimento che prevede “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina”.
Come ben noto si tratta dell’ennesimo provvedimento d’urgenza contenente un elevatissimo numero di misure soprattutto economiche, finalizzate a fronteggiare in particolare l’emergenza scaturita dalla crisi bellica in Ucraina.
Le risorse smosse sono ingenti e, tra i vari interventi previsti, spicca senz’altro in termini di volume dell’impegno finanziario assunto dallo Stato e per l’impatto “emotivo” suscitato, il bonus una tantum da 200 Euro, previsto in favore delle fasce economicamente più deboli della popolazione. Un bonus che, a detta del Governo, servirà a compensare e mitigare il generalizzato aumento dei prezzi già in atto soprattutto nel settore dell’energia e dei carburanti.
La platea dei destinatari è decisamente ampia, tanto che a beneficiare dell’indennità saranno i circa 31,5 milioni di italiani che percepiscono redditi annui inferiori ai 35mila Euro.
Complessivamente la misura costerà allo Stato 6,3 miliardi di euro che dovrebbero essere interamente coperti dalla tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche, che salirà dal 10% al 25%, e che fornirà un gettito da 6,5 miliardi di euro.
In attesa di conoscere le esatte modalità e tempistiche dell’erogazione del bonus di 200 euro, in particolare per quanto riguarda autonomi e professionisti, alcuni interrogativi sorgono in merito alla bontà della misura in questione. Se è vero, infatti, che un accredito – seppur minimo – sul conto corrente non possa che trovare un positivo riscontro in pressoché tutta la platea dei beneficiari, l’entità e la distribuzione dello stesso nonché, in generale, l’utilizzo di un “tesoretto” da oltre sei miliardi di euro per tale modalità di intervento lasciano alcune perplessità.
Innanzitutto, appare ormai evidente come la pandemia e l’emergenza da Covid-19 abbiano definitivamente sdoganato la tipologia dell’intervento economico sotto forma di helicopter money, consistente nell’erogazione diretta una tantum di somme di denaro ad alcune categorie di cittadini o attori economici e slegata da un disegno politico-economico organico.
Lo stato emergenziale ormai perenne (dalla pandemia alla guerra, non senza sovrapposizioni tra gli eventi) giustifica tale metodologia ma, contemporaneamente, fa sorgere dubbi sull’efficacia delle misure a pioggia e di carattere straordinario che rischiano di apparire quali meri “contentini” fini a sé stessi.
Nel caso di specie, poi, perplessità sorgono anche in relazione alla platea (probabilmente sin troppo ampia) dei soggetti beneficiari ed alla conseguente esiguità del contributo ad erogarsi che rappresenta poca cosa rispetto ad un tasso di inflazione che in Italia sfiorerà quota 6% nel corso del 2022, con massicci e generalizzati aumenti per imprese e famiglie.
A destare sorpresa è inoltre la circostanza per cui tale tipologia di aiuto sia stata adottata da un governo semi-tecnico quale quello presieduto da Mario Draghi, dunque – almeno sulla carta – meno vincolato all’approvazione ed al “sentimento” dell’elettorato.
I sei miliardi e mezzo di euro introdotti per un bonus che nella migliore delle ipotesi sarà una goccia nel mare degli aumenti dei prezzi in corso e a prevedersi nei prossimi mesi potevano forse, almeno in parte, essere investiti in interventi strutturali e, perché no, utilizzati per anticipare o semplicemente agevolare la promessa “Era” del PNRR, i cui promessi effetti benefici sull’economia, specie del Mezzogiorno, tardano a scorgersi.
Tra emergenze infinite e scarsa capacità di programmazione della classe dirigente, l’Italia pare dunque aver imboccato con decisione l’ossimorica politica dell’una tantum strutturale, con cittadini, lavoratori e imprese sempre più meri destinatari di elargizioni “generosamente” piovute dall’alto, più che parti attive, integranti e integrate nella vita e nei progetti di una Politica, a conti fatti, non più tale.
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