Nell’ambito delle Considerazioni finali del 31 maggio 2022, il Governatore della Banca d’Italia Visco ha esordito affermando che “l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia alla fine di febbraio segna una drammatica cesura nella storia recente” e che la guerra “ha anche peggiorato di colpo le prospettive di crescita dell’economia mondiale, in una fase in cui i danni inferti dalla pandemia non sono ancora del tutto riparati”.
Ciò in un contesto di rialzo dei costi dell’energia connesso con la ripresa dell’attività economica dopo la crisi sanitaria, iniziato nell’ultimo trimestre del 2021. Inoltre, si sta assistendo a un rincaro dei beni agroalimentarie le difficoltà nel loro approvvigionamento rischiano di colpire soprattutto gli strati più vulnerabili della popolazione mondiale e i paesi più dipendenti dalle loro importazioni. Infatti, in marzo l’inflazione ha toccato il 6,8 per cento, il massimo dall’inizio degli anni Novanta mentre ad aprile 2022 i prezzi al consumo hanno registrato un aumento del 7,4 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno, sospinti dai rincari dell’energia e, in minore misura, dei prodotti alimentari.
Il quadro congiunturale è peggiorato anche nell’area Euro, particolarmente esposta agli effetti economici del conflitto. Secondo le stime più recenti, quest’anno la crescita del prodotto dovrebbe risultare inferiore al 3 %, ben al di sotto di quanto previsto pochi mesi fa.
Secondo le ultime previsioni delle maggiori istituzioni internazionali e degli analisti privati, la crescita dei prezzi nell’area dell’euro si manterrà elevata quest’anno per poi flettere in modo deciso nel 2023 e tornare successivamente su valori coerenti con la definizione di stabilità monetaria della Banca centrale europea (BCE), che consiste in un’inflazione pari al 2 per cento nel medio termine.
Il quadro congiunturale è quindi sostanzialmente mutato negli ultimi mesi, tuttavia secondo Visco, le condizioni di finanziamento per le famiglie e le imprese, oggi eccezionalmente accomodanti, si manterranno favorevoli, secondo le attuali quotazioni di mercato. Nell’area dell’euro in termini reali i tassi di interesse a breve termine resteranno negativi ancora per diversi anni. Il rialzo, che il Consiglio direttivo della BCE potrà decidere di avviare nell’estate, dovrà dunque procedere tenendo conto della incerta evoluzione delle prospettive economiche.
In Italia l’espansione del prodotto nel 2021, pari al 6,6%, ha decisamente superato le attese, riflettendo soprattutto la forza degli investimenti e il recupero delle esportazioni. Sebbene il deficit energetico sia raddoppiato, il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti è rimasto largamente positivo, contribuendo così a rafforzare la posizione creditoria verso l’estero.
Il rapporto tra il debito e il prodotto è diminuito di oltre 4 punti percentuali, al di sotto del 151%, mentre un anno fa, quando ci si attendeva un disavanzo ben più elevato, se ne prevedeva un aumento verso il 160 %. L’elevato debito pubblico espone la nostra economia ad ampi rischi, inclusi quelli connessi con la volatilità dei mercati. In prospettiva, per una sua significativa riduzione saranno necessari ritmi di crescita stabilmente più elevati che in passato.
L’economia italiana insieme a quella tedesca, è tra le più colpite dall’aumento del prezzo del gas, per la quota elevata di importazioni dalla Russia e per la rilevanza dell’industria manifatturiera. A gennaio scorso le aspettative erano di un prodotto che tornasse sul livello precedente lo scoppio della pandemia verso la metà di quest’anno, attestandosi in media al 3 %, nel biennio 2022-23. La guerra ha radicalmente accentuato l’incertezza su queste prospettive.
L’attività produttiva si è indebolita nel primo trimestre. In aprile si valutava che il prolungamento del conflitto in Ucraina avrebbe potuto comportare una diminuzione della crescita di circa il 2%, per quest’anno e il prossimo. Le stime più recenti delle maggiori organizzazioni internazionali sono simili. Non si possono però escludere sviluppi più avversi. Se la guerra dovesse sfociare in un’interruzione nelle forniture di gas dalla Russia, il prodotto potrebbe ridursi nella media del biennio.
La ristrutturazione condotta nel decennio precedente la pandemia ha permesso alle imprese italiane di affrontare la crisi in condizioni di bilancio relativamente solide. Un recupero di competitività è in atto da tempo. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) costituisce uno strumento decisivo per affrontare con successo questa sfida.
Il Piano, di dimensioni finanziarie importanti, segna una netta discontinuità nella definizione delle politiche economiche. Disegna una strategia articolata di modernizzazione del Paese, che coniuga programmi di riforma e investimenti pubblici con quelli privati, contribuendo a realizzare la transizione digitale e quella ecologica o “verde”. Innova profondamente le modalità di attuazione delle misure: individua obiettivi specifici, anche per i programmi gestiti a livello locale; delinea gli interventi necessari a superare gli ostacoli normativi che potrebbero rallentarne la realizzazione; stabilisce traguardi e scadenze sostenuti da un sistema capillare di monitoraggio.
Tuttavia, Visco sottolinea che il PNRR non esaurisce il novero degli interventi necessari né l’impegno finanziario del Paese. A tale scopo aggiunge che altre importanti riforme sono ancora da attuare, come quella della tassazione. “Per assicurarne il successo, le riforme dovranno essere in grado di cambiareprofondamente il contesto in cui si svolge l’attività economica; le modalità innovative del Piano potranno diventare prassi generalizzata dell’intervento pubblico”.
L’azione volta a migliorare il funzionamento dei servizi pubblici e la regolamentazione dell’attività economica costituisce parte integrante, per molti versi cruciale, del PNRR. In questo contesto il Governatore fa un richiamo specifico al Mezzogiorno. Perché si realizzino i risultati sperati è cruciale che la struttura della nostra economia si apra al cambiamento, avvalendosi dei programmi e delle riforme previsti dal PNRR, per innalzare la propensione delle imprese a crescere e a investire nell’innovazione e nella valorizzazione del capitale umano. Di questo vi è particolare bisogno appunto nelle regioni del Mezzogiorno, dove risiede oltre un terzo della popolazione italiana ma si genera poco più di un quarto del prodotto nazionale e dove il livello medio del PIL per abitante è inferiore del 45% a quello del Centro Nord.
Nel PNRR il riequilibrio dei divari territoriali ha assunto una priorità trasversale. Le risorse finanziarie che affluiranno al Mezzogiorno sono ingenti: “tutti dobbiamo essere consapevoli che potranno dare i frutti attesi solo se lo Stato e le sue istituzioni continueranno a contrastare efficacemente l’illegalità, l’intimidazione, la violenza e la collusione”. Il Governatore Visco dunque fa un chiaro appello affinché vengano varate quanto prima le riforme necessarie per l’attuazione del PNRR.